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Il testo vincitore della borsa di studio di “Professione: traduttore”

    Silvia Pillin è la vincitrice della borsa di studio di Professione: traduttore, il corso intensivo per traduttori letterari dall’inglese con Sara Reggiani, Silvia Pareschi, Gaja Cenciarelli, Gioia Guerzoni, Tim Parks, Francesca Novajra, Rosaria Lo Russo, Franco Nasi, Francesca Serafini, Giovanna Scocchera e Chiara Manfrinato che si terrà online dal 18 settembre.

    Il bando della borsa di studio chiedeva ai partecipanti di tradurre il prologo di Cheap Land Colorado (Knopf, 2022). Ecco la versione in lingua originale:

    It begins with a moment of contact—of driving up to a homestead and trying to introduce yourself.
    The prospect is daunting: a lot of people live out here because they do not want to run into other people. They like the solitude. And it is daunting because many of them indicate this preference by closing their driveway with a gate, or by chaining a dog next to their front door, or by posting a sign with a rifle scope motif that says, “if you can read this you’re within range!”
    The local expert on cold-calling is Matt Little, charged by the social service group La Puente with “rural outreach.” Matt has let me ride around in his pickup with him so that I can see him in action. Dis- tances between households on the open Colorado prairie are great, which gives him time to explain his approach, which he has thought about a lot, as he does this every day and in three months has not gotten shot.
    If you’re thinking the checklist is short, you’re mistaken. Before you ever see the homestead, you need to consider the visual impression you’ll make. Matt drives a 2009 Ford Ranger with a magnetic “la puente” sign on the door. It is not fancy. Nor is Matt fancy: he is a forty-nine-year-old veteran of two tours in Iraq, a slightly built man from rural West Virginia with an easy smile. He smokes cigarettes and often he is whiskery. He tells me not to wear a blue shirt, because that’s the color worn by Costilla County code enforcement, and you don’t want to be mistaken for them. La Puente ordered him a hoodie and a polo shirt in maroon with their insignia, and he usually wears one or the other, along with jeans and boots.
    He’ll drive by a place, often more than once, before actually stop- ping, so that he can reconnoiter. Is there an American flag flying? That often suggests a firearm inside. Are there children’s toys? Is there a small greenhouse or area hidden behind a fence that suggests that marijuana is being grown? (Initially I thought that might be a good sign, since cannabis can make people mellow. But Matt emphatically said no. “A full-grown plant could be worth a thousand dollars, and people steal ’em!”) More to the point, is anyone even living there? Are there fresh tire tracks? Smoke coming from the chimney? Many prairie settlements have been abandoned or are lived in only during the summer.
    Matt had noticed one property with berms constructed inside its perimeter of barbed-wire fence. He saw bullet casings and suspected the owner was a vet with some psychological issues: “I thought he was probably playing war games, reenacting things he’d been through.” He drove by to show me—the place was at the end of a dead-end road, which made it kind of hard to pretend you were just passing by. Matt said that the first few times, he paused at the road’s end, waved at whoever inside might be watching him, and turned around. He continued in that vein over the next month, waving or honking but not lingering, until one day he saw a man outside the house dressed in camo gear. Matt parked his truck and stepped outside.
    “I’m Matt from La Puente,” he said. “I’ve got a little wood.” He gestured at the firewood stacked in the bed of his truck, something useful conceived of by his employer as a calling card, an icebreaker.
    The man picked up an AK-47. “You’re a persistent son of a bitch,” he said. Then: “How much is it?”
    “It’s free,” said Matt.
    The guy walked toward the gate. He opened it. He waved Matt in.

    Nella sua traduzione ho trovato scioltezza, un tono giustamente asciutto e sintetico, ha anche azzeccato il registro. Mi ha colpito per la disinvoltura, e questo è un testo disinvolto, zero fronzoli o giri di parole.” (Sara Reggiani)

    Traduzione di Silvia Pillin

    Comincia con un momento di contatto: si guida fino a una tenuta e si cerca di presentarsi.
    La prospettiva è scoraggiante: molte persone vivono qui perché non vogliono incontrare altra gente. Amano la solitudine. Ed è scoraggiante perché molti di loro mostrano questa preferenza con un cancello chiuso davanti al vialetto, o con un cane alla catena accanto alla porta d’ingresso, o con un cartello con un mirino che dice: “Se riesci a leggere sei a tiro!”.
    L’esperto locale di primo contatto è Matt Little, incaricato dal gruppo di servizi sociali La Puente di occuparsi dell’“inclusione rurale”. Matt mi ha permesso di accompagnarlo con il suo pick-up per vederlo in azione. Le distanze tra un’abitazione e l’altra nelle vaste praterie del Colorado sono notevoli, il che gli dà il tempo di spiegarmi il suo approccio, sul quale ha avuto modo di riflettere a lungo, visto che fa questo lavoro ogni giorno e in tre mesi non gli hanno ancora sparato.
    Se pensate che non ci sia un gran che da fare, vi sbagliate. Prima ancora di vedere l’abitazione c’è da considerare l’impressione che farete. Matt guida un Ford Ranger del 2009 con un cartello magnetico di La Puente sulla portiera. Niente di speciale. Anche Matt non è niente di speciale: un quarantanovenne reduce da due missioni in Iraq, magrolino, originario dell’area rurale del West Virginia, con un bel sorriso. Fuma e spesso ha la barba incolta. Mi dice di non indossare camicie blu, perché è il colore delle forze dell’ordine della contea di Costilla ed è meglio non essere confusi con loro. La Puente gli ha fatto avere una felpa con cappuccio e una polo rosso scuro con il loro logo, e di solito porta l’una o l’altra, con jeans e stivali.
    Passa davanti a una casa – spesso più di una volta – prima di fermarsi, in modo da guardarsi bene attorno. Sventola una bandiera americana? Potrebbe esserci un’arma all’interno. Ci sono giocattoli? C’è una piccola serra o un’area nascosta da una recinzione in cui si potrebbe coltivare marijuana? (All’inizio credevo che potesse essere un buon segno, dato che la cannabis tende a rendere le persone più disponibili.  Ma Matt ha detto un no categorico. “Una pianta cresciuta potrebbe valere mille dollari, e la gente le ruba!”). Ma soprattutto, ci vive qualcuno? Ci sono tracce fresche di pneumatici? Esce del fumo dal camino? Molte case nella prateria sono abbandonate o abitate solo durante l’estate.
    Matt aveva notato una proprietà recintata di filo spinato con all’interno delle berme. Aveva visto dei bossoli e sospettava che il proprietario fosse un veterano con problemi di salute mentale: “Forse fa simulazioni di guerra, rievoca episodi di vita vissuta”.

    Passò in macchina per mostrarmelo: il posto si trovava alla fine di una strada senza uscita, il che rendeva difficile fingere di essere di passaggio. Matt mi disse che le prime volte si era fermato alla fine della strada, aveva salutato chiunque potesse vederlo dall’interno e se n’era andato. Aveva continuato così per tutto il mese successivo, salutando o suonando il clacson ma senza fermarsi, finché un giorno aveva visto fuori dalla casa un uomo in tuta mimetica. Matt aveva parcheggiato il furgone ed era sceso.
    “Sono Matt di La Puente” disse. “Ho un po’ di legna”. Indicò i ciocchi accatastati nel cassone del pick-up, il suo datore di lavoro pensava che una cosa utile fosse un buon biglietto da visita, un modo per rompere il ghiaccio.
    L’uomo prese un fucile AK-47. “Sei un rompicoglioni insistente” disse. Poi: “Quanto costa?”
    “È gratis” rispose Matt.
    L’uomo si diresse verso il cancello. Lo aprì. Fece cenno a Matt di entrare.

    Redazione Belleville