[three_fifth]
Rifrango
di Binskij
Plastificami
le placche tettoniche del cranio
Inguainale
con stringhe di ricerca e
ricerche sapor di liquirizia color pupilla, inchiostro
e io non mi fletto, mi prostro.
Ho tempeste elettriche di percezioni
flashano come pulsar
emozioni depolarizzate
si schiantano
sul recettore in overload
stridono
al ricordo sonico
di come le inalavo
plagiavo, plasmavo.
Tetania di boati
mina
la stratigrafia di pensieri titanici
Sono i titani in titanio?
Sono gli astri astrazioni?
Sono le ossa inossidabili?
Non è ossimoro dire
che quando rifletto rifrango.
Fibrilla l’atrio
l’antro che si schiude
come un’orchidea
Dea degli Orchi
col suo film d’umor acqueo
non reverte
la rimozione non sicura di lucchetto
abolito il backup
capriole nella botola.
Tu, eccezione
di decrittazione quantistica
il solo capace
Tu, eccedenza di sole, rapace.
Hai estratto
come folgore, di scatto
la radice quadrata
della mia mente renderizzata.
Glomerulo di pensieri
cosmonauta nella fuliggine
delle mie paure
delle tue fratture scomposte
in un cassetto di antimateria riposte.
Osmosi di risposte
sciabordano sulle coste
della mia gabbia toracica
ai nubifragi di abbracci
da persone caldarroste.
Carbonizzami le ombre asintotiche
quelle fedeli,
sintomatiche di cerniere smussate
chiusure mal sigillate.
Cola
come resina
marmorizza negli anfratti
ovunque t’insidi, non gratti.
Come glassa, sorbetto d’uva passa
vernicia le pareti del mio cuore, camera pressurizzata.
Chi sei?
Un torneo di squash con neutrini
amaca che penzola tra due meridiani
traiettorie dritte a cuneo
ciambella belligerante
simbionte autosufficiente
scheda madre vergine
gravitazione fuorilegge.
L’impossibile.
Questo ho cercato di veicolarti
tra muraglie di parentesi
carezze nutrizionali
tintinii di tentennamenti
dispositivi d’emergenza
tastiere tamburellate
brividi intrepidi
sulla mia spina dorsale oceanica.
Siamo anodo e catodo
cerebrale e cerebellare
propaggini di un Dio diodo.
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