Nella scuola, a tutti i livelli, sembra che leggere serva a imparare qualcos’altro. Non è che i libri non debbano servire a parlare di temi importanti. Ma prima bisogna insegnare a leggere per leggere.
Negli ultimi anni si è affermata l’idea che leggere serva a qualcosa: a capire meglio il mondo, a non farsi fregare da chi ne sa di più, a trovare un lavoro migliore. Il messaggio implicito di questa concezione della lettura è che leggere sia un sacrificio, una fatica necessaria per migliorarsi, e che il suo valore risieda in quello che la lettura ti permette di fare e, forse, di essere.
Luigi Spagnol, il vicepresidente di GeMS e responsabile della casa editrice Salani morto a Milano il 14 giugno a soli 59 anni, ha sostenuto e praticato per tutta la sua vita l’idea secondo cui leggere è un’attività che, come ogni altra che può dare piacere, deve bastare a se stessa. «Se un bambino non ha voglia di leggere», diceva, «le ragioni sono due: o non è arrivato il suo tempo, o gli abbiamo dato il libro sbagliato per lui. Non abbiamo trovato il libro che gli piace».
A prima vista il principio della “lettura per la lettura” – che Spagnol ha sempre promosso tra editori, librai, insegnanti, genitori e bambini – può apparire astratto. In realtà esprime una precisa concezione e pratica del lavoro editoriale: l’idea che i libri siano al centro di tutto e che leggere sia mettersi in ascolto di una storia, senza un secondo fine.
Anche per questo Spagnol diceva che l’editore non deve avere sempre la pretesa di capire un libro per pubblicarlo, perché «a pensare troppo, si fanno degli errori». È anche grazie a questa capacità e, quasi, umiltà di ascolto che Luigi Spagnol riuscì a pubblicare alcuni dei maggiori bestseller degli ultimi trent’anni, da Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare di Luis Sepúlveda alla saga di Harry Potter, di cui nel 1998 – a differenza di altri concorrenti italiani – acquistò i diritti del primo romanzo che gli risuonava come un libro per ragazzi, con le potenzialità del classico per l’infanzia.
Il lavoro dell’editore, però, non si riduce a trovare libri che vendano (anche se il successo è spesso una prova della capacità di un libro di farsi ascoltare). Lo ha ricordato Stefano Mauri, presidente di GeMS e «fratello di lavoro» di Luigi Spagnol, nell’articolo sulla loro casa editrice che pubblichiamo di seguito: «Chi ha letto Harry Potter all’epoca in cui è uscito, oggi legge il doppio dei suoi coetanei. Un libro sul bene e sul male che viene letto da mezzo miliardo di persone è una base comune per una intera generazione di umani». Leggere è l’attività che accomuna lettori, editori e perfino scrittori, perché la scrittura è a sua volta una forma di lettura e di ascolto, e perché senza imparare a leggere non si può scrivere niente che abbia valore. Per leggere e ascoltare, però, bisogna fare silenzio e rinunciare ad apparire per concentrarsi sul testo.
Luigi Spagnol, come suo padre Mario, è stato uno dei maggiori editori italiani, ma a conoscere il suo nome è quasi soltanto chi si occupa di editoria. Era la S di GeMS. Ci piace pensare che tra la discrezione e la capacità di scegliere i libri un rapporto ci sia.
Che cos’è GeMS, il secondo editore italiano
È nel gruppo Messaggerie, il più grande distributore di libri in Italia, e ha molte case editrici, tra cui Guanda, Garzanti, Salani e Longanesi
di Giacomo Papi
L’editoria italiana è una lista di cognomi, una specie di elenco telefonico: Baldini & Castoldi, Bollati & Boringhieri, Bompiani, Cairo, Carocci, Castelvecchi, De Agostini, Donzelli, Garzanti, Giunti, Guanda (che in verità si chiamava Guandalini), Einaudi, Fabbri, Fanucci, Feltrinelli, Hoepli, Laterza, Longanesi, Mondadori, Passigli, Salani, Sellerio, Sonzogno, Rizzoli, Vallecchi, Vallardi, Zingarelli e Zanichelli. Dare il proprio cognome alla propria casa editrice è una scelta di praticità e vanità, che dura nel tempo perché quasi sempre i cognomi rimangono anche quando le case editrici passano di proprietà, come è successo a Mondadori e Rizzoli. C’è una sola famiglia dell’editoria italiana che – per indole e strategia – ha scelto da sempre di apparire il meno possibile. Al di fuori del mondo dei libri in pochi hanno sentito nominare i Mauri, e i loro soci alleati, gli Spagnol. Invece, dopo la fusione Mondadori-Rizzoli, il Gruppo GeMS – Gruppo editoriale Mauri-Spagnol, appunto – è diventato il secondo editore italiano, un acronimo quasi ignoto nella cui pancia sopravvivono molti dei cognomi editoriali del Novecento: Garzanti, Longanesi, Bollati Boringhieri, Salani, Vallardi, a cui vanno aggiunte altre case editrici come Tea, Corbaccio, La Coccinella, Ponte alle Grazie, Nord, oltre al 49 per cento di Chiarelettere. Se poi si considera anche distribuzione, ingrosso, promozione, vendita online e di libri usati, la Scuola per librai e Il Libraio, inteso come rivista, l’importanza del gruppo è ancora maggiore. GeMS si basa su un’architettura complicata e flessibile, unica nel suo genere – «una piattaforma», dice il presidente e amministratore delegato e vice presidente di Messaggerie Italiane Stefano Mauri – che copre ogni fase del processo editoriale, per sfruttare i vantaggi di scala dell’editoria industriale senza perdere in velocità e attenzione.