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Pantagruelycon
>> racconto

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    Pantagruelycon

    di Marco Spanti

    L’età dei miei parenti è così alta che abbiamo iniziato la cena in trenta e siamo rimasti in quindici. Sono apparsi a Natale dopo l’ultima festività perché la maggior parte di loro è povera e non poteva permettersi di sporcare altre pentole. In più mia madre cucina bene e per questo mio padre si separa ogni dicembre da una nuova compagna. Due ore prima di scambiarci i regali, mia zia ne ha preso uno dall’albero cambiandone l’etichetta mentre mia cugina chiedeva alla nonna come stesse. Lei rispose sono ancora qui nonostante fosse morta da quattro anni.

    Con la faccia arrugginita dall’età, il lampadario si dimena dall’alto della tavola imbandita a festa nella grande sala, schernendo di luce il maiale laccato che pare ammiccare alla frutta fresca e stordito, a quella finta. Il centrotavola, con il suo vestito da gran sera e i drappi dorati, cede la schiena alla composizione di tulipani viola che versano profumi nelle caraffe di vino ora rosso e ora bianco.

    Ci accomodiamo sulle sedie imbottite che marciano sui tappeti persiani, divise in quindici per lato. Mio zio controlla la pressione del maiale. Abbraccia il culo del suino con lo sfigmomanometro mentre con lo stetoscopio ne sonda i sentimenti arteriosi. Il porco è infelice, ma si può mangiare. Lo zio rimette gli strumenti della medicina nella borsa da lavoro e si incravatta lo stetoscopio per non sporcarsi. Con uno sguardo voglioso accarezza i seni rotondi della cognata, liberi di fronte alla camicetta bianca.

    Il nonno fa un solitario con le carcasse sul piatto. È malato di gioco d’azzardo. L’altro, con l’orologio da taschino, da giovane ereditò una fortuna dal padre e decorato di guerra, si sposò una caraibica. Ora inganna l’attesa della morte mangiandosi le cernie appena servitegli.

    Intanto la moglie dello zio chirurgo punzecchia i vestiti degli astanti con il bastone del raccoglitore d’offerte. La retìna si abbassa ad ogni colpo, tranne di fronte al nonno giocatore d’azzardo che le dice quando c’è di mezzo la Chiesa non vinco mai e a quello ricco che si annoia parlando ai pesci. Il cugino notaio si attesta della qualità della capesante; quello che fa l’avvocato succhia le granseole.

    La zia ha raccolto abbastanza soldi per pagare la difesa al prete della sua comunità che una sera, il poveretto, aveva assolto a badilate le sofferenze del fratello disabile. Poi inginocchiato davanti al fratello in fiamme, con le mani sul volto aveva sussurrato: “La terra non mi vuole e l’inferno è al completo”. Il prete confessò e disse: “Vi prego almeno di ascoltare la mia versione”. La comunità locale ascoltò. In effetti la versione del prete era esilarante.

    Il nonno si è infartato l’eredità mentre mangiava le ostriche. Subito lo zio chirurgo si riversa sul morto decretandone il passaggio a peggior vita. Poi gli infila degli strumenti in gola e dice “forse quell’ostrica aveva una perla!”, mentre il notaio che di mestiere fa il cugino, gli sforbicia le tasche del giaccotto in cerca dell’eredità. Il giocatore senza alzare la testa dal suo solitario sentenzia: “Scommetto che il vecchio stronzo s’è mangiato tutto”.

    Bevo l’ultimo sorso di vino. La mia ragazza ha i capelli rossi. Ci sposeremo sotto la pioggia battente.

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