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“L’imboscata” di Maria Chirivì

    L'imboscata, Chirivì-Maccari

    Disegni in cerca d’autore è il Premio letterario nato dalla collaborazione tra Collezione Ramo e Scuola di scrittura Belleville, legato all’omonima mostra che si terrà negli spazi della Scuola Belleville a Milano. Opere su carta di grandi artisti affiancate da racconti inediti: immagini e parole entrano in dialogo.

    L’imboscata di Maria Chirivì è il racconto scelto per accompagnare l’opera di Mino Maccari, Senza titolo (Signorine militari), 1965.

    Irina Zucca Alessandrelli, curatrice della mostra, sull’opera:

    «Mino Maccari lancia la sua penna in giochi satirici (1965) mentre intrattiene tre marinai con una seducente e gigantesca donna nuda dalla lunga chioma, e fa trasportare a un gendarme risoluto una sirena ribelle sotto braccio.»

    L’IMBOSCATA

    di Maria Chirivì

    ispirato all’opera di Mino Maccari

    Successe tutto in poche ore, neanche il tempo di rendersene conto. La corazzata nemica era rimasta fuori portata, nascosta dietro il promontorio e aveva calato in acqua tre scialuppe cariche di donne, prigioniere inutili, abbastanza denutrite da sembrare naufraghe, che si erano accostate alla Napoléon, prima nave a vapore, vanto della Marina francese, sbracciandosi per chiedere aiuto e svestite a sufficienza per ottenerlo.

    E si sa, i marinai non vanno tanto per il sottile. Quando videro le forme scarne delle fanciulle non ci diedero peso e pensarono solo che incrociarle, quel giorno, fosse una gran fortuna.

    L’altra fortuna era che tutti loro, o quasi, fossero uomini francesi tutti d’un pezzo e la loro priorità fosse certamente aiutare i bisognosi: infatti smisero ognuno con la propria occupazione per approntare il salvataggio. Qualcuno col grasso desti- nato alle caldaie si diede intanto una passata ai capelli, che l’essenziale era la prima impressione, anche se l’odore non era dei migliori.

    Iniziarono a lanciare cime e a virare in posizione favorevole al recupero, ma inspiegabilmente le scialuppe, complice un grecale avverso, sembravano allontanarsi sempre più.

    Tutti tesi come erano a quell’opera di bene, a favore di entrambe le parti, non si accorsero che la corazzata era giunta in piena linea di tiro e guardarono con la stessa meraviglia le grazie delle naufraghe, che, fortuna loro, erano in quel momento a debita distanza, e il nero lucido dei cannoni che stavano per colpirli.

    La Napoléon, ormai ferita senza rimedio nello scafo e nell’onore, iniziò ad affondare, mentre l’equipaggio tentava almeno di salvare la pelle.

    La situazione si invertì e poiché è noto che le avversità uniscono chi si trova, suo malgrado, ad affrontarle insieme, le prigioniere issarono a bordo più marinai possibile e offrirono asilo, perché no, anche a qualche ufficiale.

    Quelle ciurme eterogenee guadagnarono presto la terraferma e una volta a riva, scomparsa la corazzata all’orizzonte, si guardarono per capire gli imprevedibili risvolti di quell’insolita alleanza.

    Mentre il capitano della nave, recuperata una parte di polena a forma di sirena, ispezionava il territorio per trovargli una collocazione adeguata, il primo ufficia- le, prese due fanciulle sotto la sua protezione, scrutava l’orizzonte con sguardo corrucciato, sicuro di avvistare le truppe di Sua Maestà, che tornavano solo per schernirlo.

    La ciurma, non avendo responsabilità di sorta e non avendo più una nave di cui occuparsi, era nella posizione migliore, e siamo certi capirete perché non lo si intenda solo in senso figurato.

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