Dal 28 al 29 novembre 2020 Enrico Ernst, già docente alla Scuola annuale di scrittura di Belleville, terrà il laboratorio online La pagina bianca. Un fine settimana rivolto a tutti coloro che hanno voglia di leggere e scrivere, di sperimentare, di andare in cerca della propria voce superando le esitazioni e la paura di cominciare.
> Enrico Ernst ci ha raccontato in un’intervista quali sono le attitudini necessarie per un “avviamento alla scrittura”.
Insegni scrittura ormai da quindici anni. In base alla tua esperienza, qual è l’ostacolo principale all’emergere della propria “voce” narrativa?
Per dir la verità, non vedo un ostacolo principale, ma una gran varietà di ostacoli: censure; stereotipi; scarsa fiducia in se stessi; fretta di riuscire; paragoni con gli altri (che sono troppo spesso “più bravi”); intellettualismo; persino eccessiva severità con se stessi. L’ambizione (lo so, pare paradossale) può costituire un limite, perché può bloccare la voglia di imparare e la fondamentale apertura a possibilità non esperite. Occorre studio, pazienza, coraggio, umiltà. Voglia di sperimentare e ricercare. Aiutano: l’ascolto, la lettura, l’allenamento, il confronto, l’autoanalisi, il rispetto dei propri tempi, la ricerca di committenti e di progetti validi. Un laboratorio di scrittura cerca di aggirare gli ostacoli – che a volte è necessario “guardare negli occhi” – e offre un clima positivo al lavoro di tutti e di ciascuno.
Un consiglio che si dà spesso agli aspiranti scrittori è “Scrivi di ciò che conosci”. Quando si comincia a scrivere, è meglio attingere alla propria esperienza o usare l’immaginazione?
Ho scritto tanto per ragazzi, nei modi del fantastico e del mitopoietico. La vita mi ha proposto questa via di espressione artistica. Però ognuno, poi, ha la sua via: e lo dico da docente che aiuta altri a trovare la propria strada (la propria voce). Quello che posso dire è che questa dicotomia – da una parte “la propria esperienza” e dall’altra invece il fatto di “usare l’immaginazione” – mi pare non debba essere considerata in maniera rigida. Mi pare che ciascuno abbia (ed è una metafora tratta da Natalie Goldberg e dal suo Scrivere Zen) il proprio serbatoio. E che tutto arrivi da lì. Esperienze, visioni (e cecità), talenti, traumi, storia, carattere, formazione, sensibilità. Proporrei quindi un paradosso: scrivere un memoir o comporre un romanzo fantasy non è così diverso. Si attinge, comunque, al proprio serbatoio. Un laboratorio di scrittura creativa aiuta, in prima analisi, a perlustrarlo, a esercitarlo.
Gli esercizi che proponi nel tuo laboratorio vengono prima della scrittura intesa come tecnica. Che cosa intendi?
La scrittura è una tecnica, una techne, direbbero i greci. Un’arte. Come direbbe Carlo Sini, è una pratica e ha una dimensione storica. Quando scriviamo, abbiamo una tradizione millenaria di scrittura e scritture alle spalle. La scrittura riflette, insieme, una cultura storico-collettiva e il nostro pensiero e la nostra intimità. Una tecnica ci è offerta per esprimere il nostro idiosincratico, originale punto di vista, le nostre visioni, le nostre storie. Se ti chiedo di raccontarmila tua casa, il tuo appartamento (lo fa Walter Siti nel suo Aspettando la colomba, nella raccolta di racconti La pagina bianca) ti chiedo: attivati per cercare le parole. Ti chiedo: come le tue parole si rapportano al mondo? Come si rapportano alla forma del tuo pensiero e del tuo cuore? Che relazione c’è fra te e il mondo? Fra te e la tua storia? Come riesci a esprimere questa relazione tramite la scrittura? Al di qua di ogni tecnica letteraria specialistica, ti chiedo qualcosa di immenso e bellissimo. Che poi ti servirà (è il tuo serbatoio!) quando scriverai il tuo romanzo, il tuo racconto, la tua poesia, la tua pièce teatrale, la tua sceneggiatura. Oppure semplicemente ti arricchirà come un’esperienza espressiva vitale.
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