Marta Gazzola è la vincitrice della borsa di studio di Prova di traduzione (dallo spagnolo), il corso con Silvia Sichel, Elisa Tramontin, Ilide Carmignani e Gina Maneri che si terrà in diretta streaming dal 17 novembre 2021 al 23 marzo 2022.
Il bando della borsa di studio chiedeva ai partecipanti di tradurre un brano tratto da Karla Suárez, Jardines de piedra, contenuto in Hombres (y algunas mujeres) (Zenda 2019). Ecco la versione in lingua originale:
Yo fui el primero en llegar. Debía hacerlo por la tarde, pero aquella mirada de Mariel me había hecho cambiar de planes. Tomé el primer ómnibus del día. No lograba concentrarme, intenté dormir, pero tampoco pude. Unas horas después llegaba a mi destino. En la estación me esperaba un muchacho que me condujo al aparthotel, donde propuso que almorzáramos, pero yo no tenía ganas de conversar. Pretexté que me dolía la cabeza, mejor descansaba. Él entendió perfectamente. Sobre las ocho de la noche, dijo, ya todos los invitados habrán llegado y pasaré a recogerlos para la cena de bienvenida. Me entregó una carpeta con informaciones y nos despedimos. Subí a instalarme. El apartamento era pequeño, aunque no estaba mal. El único inconveniente era que la ventana daba a un respiradero interior y eso lo detesto, pero allí podría asomarme a fumar y eso hice: fumar un cigarrillo. Una vez terminado, telefoneé a casa. Mariel no respondió.
Esa mañana, Mariel había amanecido en el sofá y, a pesar de que el más leve ruido suele despertarla, no dio muestras de notar mi presencia. Me duché con la radio encendida, pero tampoco pareció oírla. Ni siquiera respondió cuando me despedí desde la puerta. Nada. Unas horas más tarde tampoco respondía al teléfono, así que colgué y me puse a revisar la carpeta: carta de bienvenida, programa de actividades, folletos turísticos. Era la primera vez que visitaba esa ciudad. En realidad me muevo poco, y sé que esa es una de las cosas que Mariel no soporta. Según ella, me bastarían una cueva o una isla perdida para vivir. Dice que soy como una estatua, que mi cuerpo no conoce el sentido de la palabra «movimiento». Mariel no entiende nada. Cuando nos conocimos yo acababa de publicar mi segundo libro. Estaba feliz. Muchos artículos de prensa hablaban de mi obra y me vaticinaban un glorioso futuro. Yo era una estrella para mis amigos y para ella, por supuesto. Pero luego todo cambió. No sé por qué. Y mi vida se detuvo.
De golpe cerré la carpeta y, a pesar de que el cielo estaba cubierto de nubarrones grises, decidí irme a la calle. A Mariel le costaría creerlo, pero ahí estaba yo paseando solo por una ciudad desconocida. Quise imaginar que era otra persona. Otro yo. Y, en un momento, incluso llegué a sentir que la ciudad no me era ajena. Eso me gustó tanto que continué dando vueltas y vueltas y así terminé descubriendo el gran jardín público del centro.
En la verja estaban escritos los horarios de apertura y cierre. Era temprano. Me interné en un sendero. Me divertí recogiendo piñas y aplastando hormigas, oliendo las rosas que sobrevivían a pesar del invierno y haciendo crujir las hojas secas que se amontonaban en el piso. Respirar aquel aroma me provocó una sensación de libertad que hacía rato no sentía. Así, por unos minutos, se alejaron de mi cabeza las cosas que me molestaban y, sobre todas, aquella extraña extraña mirada de Mariel.
Cuando creí que lo había visto todo, di una vuelta y ante mí apareció un estanque, en cuyo centro, una mujer de piedra nacía de las aguas con los brazos y la cabeza dirigidos hacia arriba. La belleza de la escultura me dejó fascinado. Entonces sucedió algo.
La borsa di studio è stata assegnata a Marta Gazzola per la resa naturale del testo, le poche sbavature, l’attenzione al ritmo, la cura della consecutio.
Traduzione di Marta Gazzola
Fui il primo ad arrivare. Dovevo farlo nel pomeriggio, ma quello sguardo di Mariel mi aveva fatto cambiare programma. Avevo preso il primo autobus della giornata. Non riuscivo a concentrarmi, cercavo di dormire, ma senza successo. Qualche ora dopo ero giunto alla meta. In stazione mi attendeva un ragazzo che mi accompagnò al residence, dove mi propose di pranzare insieme, ma io non avevo voglia di chiacchierare. Finsi un mal di testa, meglio riposare. Lui capì perfettamente. Disse che verso le otto di sera, anche tutti gli altri ospiti sarebbero arrivati e lui sarebbe passato a prenderci per la cena di benvenuto. Mi consegnò una cartelletta e ci salutammo. Salii a sistemarmi. L’appartamento era piccolo, anche se non era male. L’unica seccatura era che la finestra dava su un pozzo luce e questo lo detesto, però lì potevo affacciarmi a fumare e così feci: fumai una sigaretta. Una volta finito, telefonai a casa. Mariel non rispose.
Quella notte Mariel aveva dormito sul divano e, anche se di solito il minimo rumore la sveglia, al mattino non aveva dato segno di aver notato la mia presenza. Mi ero fatto una doccia con la radio accesa, ma non sembrava averla sentita. Non aveva risposto neanche quando l’avevo salutata dalla porta. Niente. Ore dopo non rispose nemmeno al telefono, perciò riagganciai e diedi un’occhiata alla cartelletta: lettera di benvenuto, programma delle attività, opuscoli turistici. Era la prima volta che visitavo quella città. In realtà mi muovo poco, e so che questa è una delle cose che Mariel non sopporta. Secondo lei, mi basterebbero una grotta o un’isola sperduta per vivere. Dice che sono come una statua, che il mio corpo non conosce il senso della parola «movimento». Mariel non capisce niente. Quando ci siamo conosciuti avevo finito di pubblicare il mio secondo libro da poco. Ero felice. Molti articoli di giornale parlavano del mio lavoro e mi predicevano un futuro glorioso. Ero una celebrità per i miei amici e per lei, ovviamente. Poi tutto era cambiato. Non so perché. E la mia vita si era interrotta.
Di colpo chiusi la cartelletta e, nonostante il cielo fosse coperto di nuvoloni grigi, decisi di uscire. Mariel non ci avrebbe creduto, ma ero lì, a passeggiare da solo in una città sconosciuta. Immaginai di essere un’altra persona. Un altro io. E, a un certo punto, riuscii persino a sentire che la città non mi era estranea. Questo mi piacque così tanto che continuai a gironzolare e finii per scoprire il grande giardino pubblico del centro.
Sul cancello erano affissi gli orari di apertura e chiusura. Era presto. Mi addentrai in un sentiero. Mi divertii raccogliendo pigne e calpestando formiche, annusando le rose che sopravvivevano nonostante l’inverno e facendo scrocchiare le foglie secche ammucchiate sul terreno. Respirare quel profumo mi provocò un senso di libertà che non sentivo da tempo. Così, per alcuni minuti, i pensieri che mi turbavano si allontanarono dalla mia mente e, su tutti, quello strano, stranissimo sguardo di Mariel.
Quando credetti di aver visto tutto, mi voltai e mi apparve uno stagno, al centro del quale, dalle acque nasceva una donna di pietra con le braccia e la testa rivolte verso l’alto. La bellezza della scultura mi lasciò incantato. Fu allora che accadde qualcosa.