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“Giallo siciliano, 1947” di Sanzia Milesi

    Giallo siciliano, Milesi-Isgrò

    Disegni in cerca d’autore è il Premio letterario nato dalla collaborazione tra Collezione Ramo e Scuola di scrittura Belleville, legato all’omonima mostra che si terrà negli spazi della Scuola Belleville a Milano. Opere su carta di grandi artisti affiancate da racconti inediti: immagini e parole entrano in dialogo.

    Giallo siciliano, 1947 di Sanzia Milesi è il racconto scelto per accompagnare l’opera di Emilio Isgrò, Giallo inglese, 1980.

    Irina Zucca Alessandrelli, curatrice della mostra, sull’opera:

    «Nell’opera di Emilio Isgrò del 1980 le piccole macchie color limone affiancate da un codice numerico diventano spunto di riflessione sulle convenzioni linguistiche, tra cui quella che dà il titolo all’opera: ”giallo inglese”. La macchia è anche il segno che resta dalle sue famose cancellature delle parole superflue dei testi da lui scelti, un elemento familiare del fare artistico di Isgrò, quasi un segno che rinvia alla ricerca del significato più profondo del processo linguistico che si cela dietro un nome generico, come quello di un colore. In altri lavori l’artista si occuperà anche del ‘rosso inglese’ con un analogo rimando tra macchia, significato e significante.»

    GIALLO SICILIANO, 1947

    di Sanzia Milesi

    ispirato all’opera di Emilio Isgrò

    790/Marta
    Socialmente pericolosa. Isterica. Povera e malnutrita, a onor del vero. Ostinata e ribelle. Adultera, per loro. Me ne andava di farmi corteggiare, dicono. Le forme avvenenti nel mio tailleur. Chou En-lai (a destra) sorride nel giallo vestito di giallo. Mao Tse-tung (al centro) si desta nel giallo vestito di giallo. Lin Piao (a sinistra) muore nel giallo vestito di giallo. Davo scandalo, opportuno tutelare la moralità. La mia carne è cattiva, non si piega al dovere. Fare figli, che poi abbiano fame. Una svergognata, sfuggita da casa. Sì, se il marito picchiava. Un uomo d’onore. Ossequi, signore! Uno sgarro fu.

    791/Marta
    Muri scrostati e muffa. Tutto lurido e malsano. Corridoi scuri e letti di contenimento. Urla e guerra, com’era fuori. E le angherie. Parole sconce. Le mani alzate, o che si insinuano e non puoi protestare. Internate. Ammalate di testa, qui al manicomio a Barcellona Pozzo di Gotto. Una pena che è fallimento di femminilità. Spremute come seme di limone, quand’anche eravamo acerbe. I gialli sono cento: stabilire quale giallo più giallo. Flavida sunt centum: statuendum est quale flavidum flavidius esse. Dentro alla mente con piede di porco, mille storie sepolte in perizie di insanità.

    792/Vincenzina

    Cespi solitari di ginestra. Gialla, odorosa e forte. Da quale dei 116 cerchi si muoverà il generale Giap per l’offensiva finale contro l’imperialismo americano? Sotto il fascio mortal, quel giorno, piegai il capo innocente. Avevo otto anni, appena. Fatina scalza, allegra, in primavera. Giù alla Piana, per noi, quel dì era festa. Più di duemila, contadini. A festeggiare il popolo. La rivolta sociale. Insieme, ad occupar le terre. “Evviva il comunismo”, sentii gridar mio padre. E poi quei che credetti esser petardi. Erano spari. E caddi. Fiore in quel deserto per l’umana speme.

    793/Marta
    Chiusa in gabbia, a girar tondo. Un canarino vola nel cerchio. Un cinesino vola nel cerchio. La scienza, asservita alla moral comune, volle definirmi pazza. Qui conobbi l’abisso del vero. Ma senza perder mai la ragione. Perciò, quando lo vidi, lo riconobbi.

    794/Marta
    Offuscarsi le nebbie delle mente, è un attimo. Il sole può non sorgere mai. I gialli sono tre o quattro immagina quale genera il caos nel traffico di Londra. Ma lui era, nella memoria, indelebile. Sparava alla folla. Bersagli inermi, tanti ne vidi cadere. Come difendersi dalla pioggia. Mani giunte, preghiera ecumenica per la salvezza, quel giorno, io vissi.

    795/Marta
    “Un brindisi all’amico infame, Gaspare Pisciotta!”, gli urlai ai padiglioni. Lui si voltò di scatto. “Servimmo con lealtà e disinteresse i separatisti, i monarchici, i democristiani e tutti gli appartenenti a tali partiti che sono a Roma con alte cariche, mentre noi siamo stati scaricati in carcere. Banditi, mafiosi e carabinieri eravamo la stessa cosa” rispose torvo, scansandomi a lato. Poi, il mio elettroshock. Quel che resta di Dio fu un lampo, solo più un bagliore. Dichiaro di non essere Emilio Isgrò.

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