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“Catrame” di Barbara Antonelli

    Catrame, Antonelli-Pascali

    Disegni in cerca d’autore è il Premio letterario nato dalla collaborazione tra Collezione Ramo e Scuola di scrittura Belleville, legato all’omonima mostra che si terrà negli spazi della Scuola Belleville a Milano. Opere su carta di grandi artisti affiancate da racconti inediti: immagini e parole entrano in dialogo.

    Catrame di Barbara Antonelli è il racconto scelto per accompagnare l’opera di Pino PascaliI negri qualche volta perdono la testa e…,1963.

    Irina Zucca Alessandrelli, curatrice della mostra, sull’opera:

    «Il ciclope arruffato di Pino Pascali (1963) con l’ombelico in vista e la frase seguita da tanti puntini di sospensione, oltre a evidenziare la dimensione ludica tipica anche della sua produzione di grafico e pubblicitario per la televisione, sembra concepito per un finale a sorpresa.»

    CATRAME

    di Barbara Antonelli

    ispirato all’opera di Pino Pascali

    Mi sono svegliato che la mamma era già uscita, per andare all’ufficio dove ti trovano un lavoro. Aveva provato anche ieri, ma era arrivata tardi. Così stamattina si è alzata prima, per fare la fila. Le persone che arrivano lì dal mattino presto, spesso piangono. Lei no, la conosco bene, lei non piange.

    Una sola volta aveva pianto, me lo aveva raccontato il nonno. Era successo che mamma mi aveva strappato dalle braccia del papà, quando io ero ancora un piccolo geco, lasciandogli la coda a contorcersi tra le grinfie.

    Papà è un re dai capelli lucidi come il catrame e si era messo in viaggio da una foresta lontana, con una carovana di cammelli al seguito, per riportarmi nel suo palazzo. Ma la mamma è una torre d’assedio, grande come i tigli che stanno ai giardinetti. Nessuna paura può frenarla. Ha braccia forti come rami e radici piantate a terra che le impediscono di crollare anche quando c’è tempesta. Se perde qualche foglia, è solo per rinnovarsi.

    Io lo sapevo come erano andate le cose veramente perché, dopo la scuola, nonno Renato me le ripete, mentre giochiamo a scacchi. Dice che papà parlava una lingua primitiva, difficile da capire. Che una notte aveva fatto i bagagli ed era partito dal suo paese per portarmi via, ma aveva perso la guerra, perché la mamma era andata in Tribunale e aveva fatto giustizia.

    Adesso sono rimasto con la torre e un alfiere a difendere il re bianco. La scacchiera del nonno è di legno e i pezzi sono sbeccati, a forza di cadere dal tavolo. Nonno sostiene che l’alfiere è un pezzo leggero, non posso vincere la battaglia. Ma io penso al geco che si divincola e si priva della coda, per ingannare il predatore. Sacrifico l’alfiere e dichiaro Scacco matto al re nero. Il nonno si arrende e, come per magia, la mia coda si rigenera.

    Quando mamma rientra, le racconto come ho sconfitto il re nero. Lei sorride, raccoglie le mie cose e dice: «È ora di fare la doccia, capelli di catrame!»

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