Mercoledì 15 dicembre alle 19.00 Antonella Lattanzi presenterà il seminario online Leggere per imparare a scrivere, in programma dal 18 gennaio al 17 febbraio 2022, in una lezione aperta dal titolo “L’importante è finire”: quali sono le caratteristiche che rendono memorabile il finale di un racconto o di un romanzo?
“Leggere per imparare a scrivere” è rivolto sia a chi vuole migliorare la sua conoscenza delle tecniche di scrittura sia a chi aspira a diventare un lettore più attento e consapevole. Ogni incontro durerà un’ora e mezza e si concentrerà su un tema: l’incipit; la caratterizzazione del personaggio; la creazione della suspense; l’intreccio; la differenza tra mostrare (show) e raccontare (tell); la scelta di prima o terza persona; il punto di vista dei cattivi e quello dei bambini; il ruolo degli oggetti; il dialogo.
Antonella Lattanzi ha risposto a tre domande per BellevilleNews.
Quali romanzi o racconti hanno cambiato il tuo modo di scrivere, e perché?
Sono tantissimi. Leggo da quando mi ricordo, e da quando mi ricordo i libri per me non sono oggetti, ma esperienze, viaggi, scoperte.
Ne cito alcuni, ma sarebbero infiniti. Sotto il vulcano di Malcolm Lowry, Una questione privata di Beppe Fenoglio, Pastorale americana di Philip Roth, Madame Bovary di Gustave Flaubert, Anna Karenina di Lev Tolstoj, Shining di Stephen King, La camera azzurra di Georges Simenon, La porta di Magda Szabó, la Prefazione al Sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino, Delitto e castigo di Fëdor Dostoevskij, A sangue freddo di Truman Capote, Il maestro e Margherita di Michail Bulgakov, L’antimonio di Leonardo Sciascia, Rumore bianco di Don DeLillo, L’arte della gioia di Goliarda Sapienza, Quel che resta del giorno di Kazuo Ishiguro.
Mi hanno cambiata – me e il mio modo di scrivere – perché mi hanno insegnato cosa vuol dire scrivere, e anche chi sono.
Spesso si pensa che “leggere da scrittori”, cioè con un occhio attento alle scelte narrative e stilistiche, possa sciupare il piacere più immediato e viscerale della lettura. Cosa ne pensi?
Penso che per essere scrittori bisogna essere prima di tutto lettori famelici. Che, anche quando si sono scritti tantissimi libri, i libri letti sono sempre molto più importanti. Continuare a leggere sempre, e imparare dai libri, ogni giorno, è fondamentale per migliorare.
Dobbiamo ricordarci che tutto parte dall’amore per i libri che leggiamo, e non credo ci sia il rischio di perdere il gusto di leggere, quando si scrive. Tutt’altro. Io consiglio sempre due modalità di lettura. Una lettura genuina, innocente, scevra da ogni pensiero, e una lettura (o rilettura) selettiva, più meditata delle parti di testo che abbiamo amato particolarmente. È appassionante, esaltante e per nulla meccanico scoprire perché quei pezzi, quelle frasi, quei termini ci sono piaciuti di più. Entrare, tuffarci nel romanzo per scoprire quello che a una prima lettura non avevamo ancora scoperto: è un’esperienza bellissima.
Nel tuo ultimo romanzo, Questo giorno che incombe, la casa è un personaggio a tutti gli effetti: di volta in volta mentore, aiutante, avversario della protagonista. Ci sono delle storie che ti hanno ispirata in questo senso?
La casa che parla in Questo giorno che incombe mi è venuta in mente durante la scrittura, non nel lavoro di preparazione. Per Questo giorno che incombe ho fatto un lunghissimo lavoro di ricerca, preparazione, scalette e via dicendo. Pensavo di sapere tutto del romanzo prima di iniziare a scriverlo. Invece, quando ho iniziato, ho scritto di getto la prima battuta della casa parlante. E poi mi ci sono appassionata, perché mi sembrava il modo migliore di raccontare il perturbante che abita nel comprensorio in cui si svolge la storia, ma anche nella testa di Francesca. Non mi sono ispirata, dunque, a un solo romanzo. Piuttosto, credo – perché non saprei dire precisamente come mi è venuta l’idea – a tanti romanzi che ho amato, a tanti film che ho amato, e anche e soprattutto alla sensazione, al ruolo che questa casa parlante ricopre per me.