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A rifare il mondo. Quattro domande a Ilaria Rigoli

    A rifare il mondo (Bompiani 2022) è il primo libro di poesie di Ilaria Rigoli, allieva del corso della scuola Belleville “Scrivere per ragazzi“. Un volume, portato in libreria grazie a Beatrice Masini, docente del corso e direttrice di divisione in Bompiani, che racconta con le parole dei bambini la meraviglia continua del loro sguardo sul quotidiano.

    Abbiamo chiesto a Ilaria di raccontarci di più sul suo libro e su che cosa ha voluto dire per lei lavorare a questo esordio.


    Quando e come è nato in te il desiderio di scrivere per ragazzi, e in particolare quello di affidarsi a una forma apparentemente difficile come la poesia?

    Sono sempre stata una lettrice molto appassionata, fin da quando ero piccola. Crescendo non ho smesso di leggere libri per bambini e ragazzi e ho avuto anche la fortuna di poter lavorare per qualche tempo in una libreria specializzata. La letteratura per ragazzi, di tutti i tipi, è in effetti la mia preferita, la leggo quasi di più che quella “per adulti”. Leggendo pensavo spesso “Io non sarò mai capace di scrivere così!”. In realtà scrivevo già, solo che non avevo mai pensato alla mia scrittura come qualcosa che potesse interessare a qualcun altro a parte me e forse i miei amici, come una cosa “da pubblicare”, insomma. Poi qualche anno fa una mia cara amica mi ha invitata a un corso di scrittura tenuto da Nadia Terranova e così ho cominciato a pensare che forse la mia scrittura non era solo “privata”.
    Per quanto riguarda la scelta della poesia, devo dire che per me non si tratta di una forma “difficile”, perché in effetti io ho sempre scritto poesie e filastrocche, fin da bambina. Leggevo Gianni Rodari, che era già un “classico”, e cercavo di “fare come lui”. I miei parenti mi dicevano che avevo “la rima facile”. Scrivevo per la scuola – ho avuto la fortuna di avere una maestra che ha sempre incoraggiato e guidato in classe la scrittura creativa; scrivevo anche su invito dei miei genitori, magari per regalare poesie in occasione di qualche anniversario o compleanno. Da adolescente ho cominciato a leggere i grandi poeti del Novecento, italiani e stranieri, e a scrivere poesie per me: non riuscivo a tenere un “diario” vero e proprio, così avevo una specie di diario poetico. Quindi posso dire che per me la poesia è un linguaggio familiare, perché l’ho sempre letta e scritta tanto, e infatti mi mette meno “sotto pressione” della prosa.

    Qual è il fil rouge che lega le poesie della raccolta? Sono venute prima le poesie o l’idea che le tiene insieme?

    Le poesie della raccolta sono legate dall’idea dello scorrere delle stagioni, dall’autunno in avanti fino all’estate; per me l’ultima poesia chiude il ciclo, è un po’… “settembrina”. È una tematica qualche volta manifesta e qualche volta nascosta – magari perché, ad esempio, una certa poesia l’ho scritta in primavera oppure perché ha un “umore” primaverile… Le poesie sono venute in momenti diversi e le ho raccolte insieme solo dopo, però non posso dire che l’idea che le tiene insieme sia venuta successivamente perché, in effetti, il tempo delle stagioni è una cosa molto importante per me, è un ritmo che sento molto proprio a livello biologico, per così dire, e anche emotivo. Diciamo che quando le ho raccolte e le ho “guardate” tutte insieme, grazie anche al lavoro di riflessione che ha stimolato in me Beatrice Masini, mi sono accorta che guardando bene era proprio quello che le teneva insieme, solo che non ci avevo fatto caso.
    L’idea di fondo, poi, è quella dichiarata nella poesia che fa da introduzione e dà anche il titolo al libro: l’idea che si possa “rifare il mondo” una parola alla volta. Io penso che in questo momento di crisi culturale, sociale, climatica e politica – per quanto a volte manchi il coraggio perfino di pensarci – si debba occuparsi di rifare tutto, e di rifarlo bello per chi verrà dopo di noi e adesso è piccolo, è bambino. A me piacerebbe rifare il mondo con la stessa cura, con la stessa attenzione nel guardare le cose che è tipica della poesia, in cui ogni parola, ogni accento, ogni silenzio è importante.

    Come hai lavorato all’editing di questo tuo esordio?

    Diciamo che le poesie erano già scritte, in buona parte. Di altre avevo solo abbozzi, magari un distico o una terzina, una rima che stava lì come un incipit. Il problema era appunto metterle una dopo l’altra, costruire un percorso. Inizialmente avevo pensato a una sorta di “dizionario” con una poesia per ogni lettera dell’alfabeto. Però era una struttura troppo rigida e artificiale. Beatrice Masini mi ha spinto a pensare più a fondo a questa cosa ed è stato allora che mi sono accorta che il filo “stagionale” era già lì, nascosto. Questa scelta è stata anche liberatoria, perché mi ha fatto venire altre idee, altre poesie. L’editing sul testo invece è stato minimo, però anche quello importante, perché in poesia basta davvero cambiare una virgola, letteralmente, e cambia tutto. Sono molto grata a Bompiani perché è un lavoro delicatissimo e molto intimo per me e loro hanno avuto un rispetto assoluto di questo.

    Hai già in cantiere nuovi progetti di scrittura?

    Nel cassetto ho dei testi per albo illustrato, alcuni li ho scritti di recente e altri sono progetti più vecchi, a cui tengo e che mi piacerebbe riuscire a pubblicare. In questo momento poi sto lavorando a due progetti “lunghi”, una raccolta di storie umoristiche per bambini e un romanzo storico per ragazzi. Sono due cose molto diverse tra loro e in parte anche diverse da questa raccolta di poesie, anche se nel romanzo storico la scelta linguistica e stilistica mi avvicina ancora alla poesia, che per me è rilassante, mi mette a mio agio nella scrittura. La prosa è ancora una sfida, trovo anche che richieda una disciplina diversa nel lavoro. E poi, mi piacerebbe scrivere una raccolta di poesie sulla spiritualità, il rapporto con l’Altrove… ma appunto, le poesie le scrivo comunque, per mia necessità. Un giorno mi volterò e scoprirò che si sono messe insieme per fare un altro libro.

    Redazione Belleville