Aspettando la nona edizione della Scuola annuale di scrittura in programma a Milano dal 6 novembre, abbiamo chiesto a cinque ex allievi di scrivere un racconto ispirandosi alla loro esperienza a scuola. “Cose che succedono solo a Belleville”: storie di porte misteriose, di guardiani della soglia, di astici e di tutor dal grilletto facile. Il primo racconto l’ha scritto Ruben Rossi, si intitola “Bestiario letterario” e parla di un tema molto caro a chi scrive: l’empatia.
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LUDO: E chi ti dice che una capra non sappia scrivere? Che non componga poesie? Solo perché non siamo capaci di tradurre un belato, non vuol dire che questo non possa essere un sonetto.
ANNA: Qualcuno sostiene che gli elefanti sappiano dipingere. Perché non scrivere, allora?
ALESSIA: Le rondini volano in stormi perfettamente coordinati. Non è solo istinto. È comunicazione.
Agli studenti della scuola di scrittura Belleville è stato affidato un esercizio: scrivere un racconto dal punto di vista di un animale – uno a scelta. Riuniti a casa di Anna e Alessia, dopo una parmigiana troppo abbondante per questo torrido luglio, discutono di prospettive e di empatia.
C’è chi ha scelto di raccontare la vita di una pulce, chi un giorno da capra, chi il dramma domestico (Kammerspiel) di un labrador castrato. Chi invece ancora non sa ancora decidersi.
Tutti stanno cercando di convincere la scettica Aurora ad abbandonarsi a un concorde approccio radicale alla scrittura di questo esercizio: non raccontare l’animale, ma diventarlo.
ANNA: Metodo Stanislavskij: adesione completa al personaggio >>
ALESSIA: In fondo è un’idea ecologista. Antispecista >>
LUDO: Basta umano-centrismo! Raccontiamo gli animali come loro stessi si racconterebbero!
AURORA: Sì. Però noi siamo umani, pollice opponibile, posizione eretta, eccetera eccetera… come riusciamo a entrare davvero nella mente di un – che ne so – ratto? Lo rendiamo umano. È l’unica soluzione. Esempio: quello di Ratatouille non è un vero topo. È un ambizioso e sensibile giovanotto di provincia, solo travestito da topo.
RUBEN: WOOOOF!
Ruben si china a quattro zampe e prende a ululare.
Un cane distante, in strada, abbaia.
AURORA: Ti ha risposto? Che dice?
RUBEN: Oh, niente. Solo un saluto.
Intorno a tutta la stanza, chiazze rosse di zanzare schiacciate sulle pareti.
SERENA: Nessuno ha pietà per le zanzare. Non è giusto.
AURORA: Invece è giusto.
SERENA: No! È una vita dura la loro. Si fanno il culo per guardarsi il pane! Cioè, il sangue. Ogni notte affrontano creature molto più grandi di loro, molto più silenziose di loro. Mi piacerebbe essere coraggiosa quanto una zanzara.
Serena sospira sconsolata.
SERENA: Perché è sbagliato uccidere un ragno, ma non una zanzara?
AURORA: Perché il ragno non rompe i coglioni.
LUDO: Ma come potremo mai sconfiggere il cambiamento climatico se non riusciamo nemmeno a indentificarci con una zanzara, con una quercia… o con il pipistrello che mangia la zanzara?
AURORA: Sì, okay, però comunque ‘sto pipistrello l’ha ammazzata, la zanzara, uguale a noi…
ANNA: Bisogna cominciare interpretando la vita non in senso verticale, ma orizzontale. Il tuo primo contatto col mondo sarà attraverso la bocca, non più attraverso le mani.
Ruben comincia, da vero labrador, a sbavare. Mentre Anna, concentrata sul suo punto di vista orizzontale, chiude gli occhi e si pensa pulce. Ludo mastica dell’insalata dalla ciotola. Il suo movimento mascellare è del tutto caprino.
ANNA: Poi devi pensare al tuo bioma. Per esempio, la mia pulce vive ospite della gamba di un camoscio. La gamba è il suo mondo, il pelo del camoscio le sue praterie. Ogni grinza della sua pelle è un colle. Le vene dell’animale, ruscelli.
AURORA: Poetico.
ANNA: Tutto il suo mondo però crolla quando un cacciatore uccide il camoscio. Dovrà allora scendere sulla terra – luogo inesplorato e pieno di pericoli – per trovare una seconda casa. Scoprirà l’amore, inatteso, nella schiena villosa di una marmotta.
AURORA: Questa pulce mi sembra molto umana e poco pulciosa.
ANNA: Non è vero. L’idea di ripartire, di ricominciare daccapo, emigrare, è un’idea molto pulciosa.
AURORA: Ma pure umana, eh.
ANNA (scuotendo la testa): No, già di meno.
AURORA: Vabbe’, sarà… E come si esprime, a livello stilistico, questa pulce?
ANNA: La immagino molto precisa, meticolosa. Tedesca. Kafkiana.
AURORA: Kafka, però, se ben ricordo, era un essere umano.
ANNA: Sicura?
LUDO: Si dice “ridursi in uno stato animalesco”, in senso negativo. Ma molti animali sono più sofisticati degli uomini. Il levriero, per esempio. O i pellicani, le aquile. Vuoi mettere un’aquila, rispetto a un umano che si taglia le unghie in metropolitana o che scoreggia in coda alle poste? Le aquile mica scoreggiano…
SERENA: D’altra parte noi siamo gli insetti di Dio, è solo una questione di prospettiva. Considera questo palazzo, con la sua imponenza. Otto piani per almeno dieci appartamenti a piano. Non è diverso da un termitaio. Basterebbe solo un po’ di empatia, per farci comprendere tutta la nostra piccolezza.
Ma nella realtà questo complesso discorso di Serena è stato veicolato sotto forma di un estenuante, acuto <<zzzzzzz>>, ragion per cui nessuno replica.
ANNA (guardando Ruben masticare un osso): Ormai è andato.
ALESSIA: Virtù cardinale del labrador: la temperanza.
LUDO: Del tutto indistinguibile dal suo protagonista. Che invidia.
AURORA: Già, rosico proprio.
Anna prova a mimare una tenaglia da pulce mettendosi due dita in bocca e muovendole su e giù. Ludo rumina della rucola.
ANNA: Dai, prova anche tu.
AURORA: Cosa?
ANNA: A diventare una bestia.
AURORA: No.
ANNA: Cosa ci perdi?
AURORA (poco convinta): Va bene. Proviamo.
ANNA: Che animale ti piacerebbe essere?
AURORA: I corvi mi stanno simpatici. Sono poco considerati ma sopravvivono dappertutto, dall’Artico al Sahara.
ANNA: Allora sarai un corvo.
Anna è concentrata.
ANNA: Abbandonerai ora del tutto il pensiero umano. Non dire “io cammino”, di’ “io zampetto”, non dire “vado da Gino” ma “volo da Gino”. Niente “ho salutato Lucia”, solo: “ho annusato Lucia”.
AURORA: Tutto chiaro.
ANNA: Non ragionare secondo i concetti di surplus o accumulazione. Lasciati guidare dalla fame, dal puro desiderio di riproduzione e dal piacere di defecare all’aperto.
Aurora si alza e prende a saltellare a piedi uniti. Gracchia (solo un pochino). Poi prova a volare muovendo su e giù le braccia. Il “volo” di Aurora causa un improvviso moto collettivo di autoconsapevolezza e imbarazzo. Ruben fa cadere a terra il suo osso. Gli animali, tornati studenti, scoppiano a ridere.
AURORA: Certo che siamo proprio dei coglioni.