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Riflessioni del pedone in C4
>> racconto

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    Riflessioni del pedone in C4

    di (Nome Cognome autore)

    Ti ringrazio Signore per avermi messo in questa posizione, la colonna C, che adoro. Non troppo defilata, non troppo caotica e pericolosa, la giusta via di mezzo.

    I giorni felici della mia esistenza sono stati tanti, ma oggi sento che sarà il mio giorno, percepisco l’armonia del mondo e ne contemplo la bellezza.

    La Tua mano divina mi accompagna, mi sospinge con amore.

    Prima casella, seconda casella, striscio sul feltro usurato della mia base, l’arrivo nella casella C4 è meraviglioso. Sono il primo, terreno immacolato, nessuno intorno.

    I miei compagni bianchi sono ormai lontani, non odo più il loro trepidante vociare, mentre gli avversari neri ancora non si sono mossi.

    Euforico per la grandiosità di questo spazio mi sento piccolo di fronte al Tutto.

    Da qui è possibile guardare gli accadimenti e poi agire o attendere, sono pronto al sacrificio per salvare il Re se così vorrà la Tua volontà.

    L’orologio è partito, sento il suo ticchettio, un’ora per noi ed un’ora per i neri, tra due ore tutto sarà finito.

    Ancora qualche attimo e il fragore della battaglia invaderà questo silenzio.

    Attendo tranquillo.

    Un brivido mi percorre mentre vedo avanzare il pedone nero mio dirimpettaio, non strisciando, ma con un leggiadro atterraggio sta per occupare la casella C5… ma la vista mi ha ingannato, nessuno si è mosso.

    Mi volgo verso i miei compagni, il loro sguardo è concentrato, non lascia trasparire emozioni, fremono per il loro ingresso.

    Guardo di fronte, all’orizzonte è tutto fermo.

    I minuti passano.

    Apprezzo la posizione perfetta all’interno del mio piccolo quadrato, a volte sono leggermente fuori centro e non mi piace. Se sono al limite del perimetro, mi prende un senso di vertigine, a stare in bilico temo di cadere.

    Il nero non viene avanti. Nulla si muove.

    Non capisco questa assenza, di solito il nero non tarda, non vuole sciupare tempo.

    Sono impaziente, qui, in mezzo alla scacchiera, ad aspettare.

    Comincio a dubitare. Forse non verrà.

    Lo spazio ampio che ho attorno ora mi inquieta, non sono abituato.

    Dietro di me i pezzi bianchi, ligi alle regole, non si muovono, nessuno si avvicina.

    Mi piacerebbe essere rassicurato, avere notizie.

    Non c’è stata risposta alla mia avanzata e nemmeno segnale di resa.

    Forse il nero si è ritirato senza avvertire.

    Una partita di una mossa sola. Che senso ha?

    Bianco e nero devono combattere tra loro. Usciamo dalla scatola e la nostra esistenza è volta a creare combinazioni, intrecci, duelli. Ma oggi non c’è alcun duello. Perché è tutto fermo? Perché sono qui da solo?

    Attendo mio Signore, ma non capisco il Tuo progetto.

    Le lancette dell’orologio sono avanzate, hanno sollevato la bandierina rossa, quando cadrà, tra cinque minuti, il tempo sarà finito.

    Ormai la partita è rovinata, è una grande delusione questa triste giornata.

    Nessuno avanza. Nessuno mi affianca. Nessuno si scontra con me. Nessuno mi accompagna. Nessuno.

    Non voglio buttare la partita, non voglio stare solo ad aspettare.

    Vorrei che rientrassimo tutti nella scatola. Fammi rientrare, Ti prego!

    La bandierina rossa è caduta e l’orologio si è fermato.

    Si sta facendo buio, mi guardo intorno, a stento vedo i bianchi e i neri.

    L’oscurità aumenta e io ho paura.

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    Scuola di scrittura Belleville