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Il ritratto
>> racconto

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    Il ritratto

    di Frelseren

    Gentile artista,

    Ho un’urgente richiesta da farle. Oserei definirla una preghiera.

    Mi faccia un ritratto. È uno dei miei più grandi desideri da sempre, sa? Però non voglio mettermi in posa. No, è inutile che le lasci una fotografia. Vengo sempre male. Vuole che mi ritrovi un orribile ritratto per colpa di Madre Natura? Non potrei neanche lamentarmene con lei, dato che la foto costituirebbe un vincolo inderogabile. Proprio questo mi infastidisce: che, in tal caso, io non avrei un bel ritratto e alla sua fantasia non verrebbe lasciato il giusto spazio. Io tengo molto a queste cose. Se non si impiegano le forze per la bellezza, tanto vale dormire tutto il giorno. E, alla base, la bellezza artificiale non ha altro che la libera ispirazione. Mi preme dunque darle una sola indicazione per quanto concerne il mio ritratto: segua l’istinto. Cosa le sembro? Uomo o donna? Suvvia, non si intimorisca. Conosco bene la sua preparazione, e non ho alcun dubbio sull’ottimo lavoro che ne verrà fuori. Però abbia fiducia nelle sue capacità, la prego. A quale sesso mi ha associato a primo impatto? La risposta non dev’essere per forza una sola, sa? Mi dipinga delle labbra da donna, se vuole, e delle mani da uomo. Mi dipinga come vorrebbe che fossi, o come vorrebbe essere lei. A mezzo busto o per intero? Non mi interessa. Faccia lei. Mi dia un’espressione corrucciata, serena, se vuole anche indignata, confusa, sognante. Purché sia bella, la prego. O, se non bella, degna di nota. Mi basta questo. Basta che io me ne accorga quando lo vedrò per la prima volta, che non mi sembri di guardarmi allo specchio, che continui ad accorgermi della sua presenza quando giro per casa, che non vi passi mai davanti senza scrutare quel volto e chiedergli “chi sei?”. La prego, mi renda capace di attirare l’attenzione. Se le ricordo qualcuno, mi dipinga come quella persona. Un essere anonimo non può rimandare ad un altro essere anonimo, giusto? Se l’ispirazione glielo consente, mi faccia un bel sorriso. Mi renda migliore secondo il suo gusto, senza farsi scrupoli. E non pensi necessariamente che il ritratto è mio, pensi solo a sperimentare, a trasformare, a creare. Non importa che quell’immagine abbia il mio nome: voglio che racchiuda nelle proprie sembianze un piccolo mondo. Grazie a lei mi si potrà dire che sono tante cose, non una sola. E chi, guardando quel capolavoro, si limiterà ad osservare che non mi somiglia affatto, non avrà più alcun contatto con me. Che me ne faccio di uno specchio incapace di cambiar forma all’immagine che riflette? Se la gente pensa che uno dei miei più grandi desideri sia un essere identico a me intento a guardarmi fisso ventiquattr’ore al giorno senza aver niente da dire, allora non mi conosce. In realtà non mi conosce neanche lei, ma almeno è la prima volta che mi vede. Attraverso queste righe, s’intende. Si prenda tutto il tempo che vuole per il ritratto, non ho fretta. Se dovesse succedermi qualcosa, però, la prego, lo finisca ugualmente e lo tenga in casa sua: mi fa piacere pensare che qualcuno si ricorderà della mia proposta stramba. Non ha nulla da perdere, le pago l’intera somma in anticipo. Se tutto andrà per il meglio, mi rivedrà quando verrò a prendere il ritratto, altrimenti sarà stato comunque un piacere. Mi preme solo che dia un senso alla mia immagine e, indirettamente, alla mia personalità. Purché entrambe siano multiformi. Capisce cosa intendo? Ah, dimenticavo: non si faccia problemi per l’età. Mi dipinga dei lineamenti puerili o mi riempia di rughe, so bene che nulla verrà posto a caso. Mi renda in grado di trasmettere un’emozione a chiunque guarderà il ritratto, e curi anche i minimi dettagli. Mi arricchisca, mi impoverisca, mi spogli dei vestiti, non importa. Grazie a lei dimostrerò di poter essere niente e tutto allo stesso tempo. Dipinga una persona che vorrebbe conoscere, con cui vorrebbe scambiare le abitudini, le passioni, le ossessioni. Dipinga una persona che odierebbe a morte, se l’istinto la guiderà verso quest’aspetto. Mi ritragga in un contesto bucolico o cittadino, purché anche quello si adatti alla persona, e la persona ad esso. Voglio essere un tutt’uno con il contesto in cui mi collocherà, e sa perché? Perché ne ho abbastanza di vivere nella perenne emarginazione. È una cosa che faccio volontariamente, per carità, ma ho bisogno del suo aiuto per uscire da quest’inferno. Solo un artista può salvarmi, dunque lei rappresenta la mia ultima speranza – e l’unica, a dirla tutta. Se non riuscirà a dipingere il ritratto, mi rassegnerò alla mia incorreggibile irrilevanza. Ma se anche dovesse tracciare un disegno approssimativo grazie all’ispirazione fornitale da me, sarò la persona più felice del mondo. Vorrà dire che sono in grado di comunicare qualcosa, di fornire uno spunto di riflessione o di sfogo, di richiamare alla mente ricordi abbandonati da tempo. Come ho già detto, non è necessario che mi riconosca nell’immagine che ritrarrà. Basterà che mi faccia continue domande guardando quel quadro, che quell’essere mi stupisca ogni giorno in maniera diversa, che riconosca in quel mondo una minima parte del mondo che vorrei per me, e che dalla bellezza creata e apprezzata dal suo genio riesca ad astrarre la bellezza della vita. Accetti di farmi questo ritratto, la prego: ne trarremo beneficio entrambi. Lei farà nuove scoperte nel suo campo ed io, forse, mi scoprirò per la prima volta.

    Allegata a questa lettera troverà la somma che le devo. In attesa di un suo riscontro, le porgo i miei più cordiali saluti.

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    Scuola di scrittura Belleville