Vai al contenuto

Michele Orti Manara
>> Il vizio di smettere

    [one_third]

    Il vizio di smettere Copertina

    [/one_third]

    [two_fifth]

    Il vizio di smettere: i racconti di Michele Orti Manara

    [/two_fifth]

    [four_fifth]

    Racconti edizioni pubblica il secondo autore italiano, dopo Elvis Malaj, tra i 41 candidati allo Strega di quest’anno. È Michele Manara, di professione ghostwriter e collaboratore di Adelphi in qualità di social media manager. I primi racconti di Manara, che è veronese, sono stati accolti da diverse riviste come l’Inquieto, Cadillac, inutile.

    Quale sia il filo rosso dei racconti di Il vizio di smettere è difficile da individuare inizialmente. I personaggi sono molto diversi fra loro, per età, inclinazioni, speranze, condizione sociale e caratteristiche fisiche. Una eterogeneità che salta all’occhio già prima di aprire il libro: sulla copertina, illustrata da Francesca Protopapa, figurano un bambino in polo azzurra con l’espressione assonnata, un gatto, un’ammiccante signora anziana, una ragazza con le trecce che si sostiene la testa con le mani e altri personaggi che sembrano avere poco a che spartire gli uni con gli altri. Il tono e il genere dei racconti spaziano dal tragico al comico (e ovviamente dal tragicomico). E anche il ritmo cambia in continuazione – fra i racconti, e anche all’interno della singola narrazione.

    Insomma, un libro difficile da categorizzare nel complesso, che trova forse nel senso di inadeguatezza dei personaggi il tema che innerva tutte le storie: quello di Lucia essere madre (“Da quando è nato Francesco, Lucia è instabile”), quello di un padrone che parla col proprio gatto (“Miao, ha detto il gatto. Dimmi, gli ho detto. Vedi, ha detto lui, viviamo insieme da tanti anni, ormai ci conosciamo bene, credo sia il momento di fare un bilancio del nostro rapporto”) o quello che sentono i figli nei confronti dei genitori (“Secondo mia madre, io non piaccio alla gente, perché prima di tutto non piaccio a me stesso. Mio padre, invece, dice che se non piaccio alla gente è perché non la faccio neppure avvicinare.”). Il senso di inadeguatezza è spesso accompagnato dalla paura: l’impressione è essere messi di fronte a una realtà sempre sul punto di esplodere, o di implodere.

    [/four_fifth]

    I commenti sono chiusi.

    Scuola di scrittura Belleville