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Il nuovo Scrittore su TYPEE
29 luglio 2019
Si ispira a grandi autori della letteratura e nei suoi racconti mostra una realtà distorta e amplificata. Lorenzo V è il nuovo Scrittore su TYPEE con il racconto Testa di fumo, omaggio a Ray Bradbury.
Testa di fumo
di Lorenzo V
Il giorno in cui Roy venne colpito da un fulmine, cadevano meduse dal cielo.
L’acqua si ammassava in grosse sfere mollicce, prima di esplodere sull’erba ancora secca e scaraventare qualche piccolo grillo dall’altra parte del mondo, o almeno, dall’altra parte di quell’ecosistema minuto che abitava, e ben presto ogni cosa si rassegnò ad assumere una tonalità più scura, incluso l’umore del vecchio. Si contemplò le mani callose e l’ampia cicatrice violacea che, dalla prima nocca del pollice si diramava verso il gomito e l’incavo opposto, in maniera non dissimile dal fiumiciattolo in cui Roy stava pescando, occluso da una grossa pietra bruna. L’uomo si infilò il cappello bianco e ripose la canna da pesca nella custodia. Non era ancora arrivato alla macchina, quando, con uno schiocco assordante, stramazzò nell’erba, spaventando a morte una povera famiglia di grilli assolutamente perbene.
Quando Roy si rialzò da terra, non molto tempo dopo, un sottile filo di fumo si arricciava sopra la sua testa, con un movimento che, se fosse stato eseguito da mano umana, avrebbe fatto capire a tutti, in paese, che Roy era completamente uscito di testa. Purtroppo, nessuna mano sembrava tirare quello scuro e denso filo, e quindi nessuno, per quanto perplesso nel vederlo con i capelli bruciacchiati e sorridente, sospettò nulla per i primi giorni. Poi il tempo precipitò nuovamente, e Roy corse fuori di casa, impazzito, urlando improperi al grigio e ricevendo, come è ovvio in questi casi, sberle trasparenti. In quel momento sembrava un vulcano pronto ad esplodere, e forse per previsione divina, o forse, semplice coincidenza, fu zittito con una seconda scarica. Quando si svegliò, diversi giorni dopo, la sua testa non aveva ancora smesso di fumare, e aveva prodotto una grande idea.
Si presentò puntualmente, il martedì e il venerdì, sotto casa di tutto il vicinato, offrendosi di fare da parafulmine personale. “Ma è assurdo!” dicevano i vicini, “Davvero dovrei farmi seguire da te tutto il tempo, aspettando che un fulmine ci venga addosso?” “Le garantisco che non la sfiorerà nemmeno, punterà dritto su di me. Ma se preferisce farsi friggere dal Signore, per me va bene…” e dopo aver risposto con queste parole, si stringeva nelle spalle e faceva e per voltarsi e sparire, seguito da uno sbuffo stizzoso di fumo nerastro. Tutti quanti lo avevano richiamato e lo avevano pregato di accompagnarli per il paese ogni qual volta fossero dovuti uscire di casa. Quattro volte su sette, i fulmini avevano fatto centro, abbrustolendo il povero Roy su testa, schiena, caviglie, ginocchia e mani, lasciando l’equivalente atmosferico delle macchie di rossetto.
Qualche mese più tardi, in seguito al salvataggio di un intero cinema all’aperto colto alla sprovvista da un temporale- nel beccarsi l’ennesimo fulmine, si era bruciato di nuovo le sopracciglia e anche il naso, e ogni volta che avrebbe starnutito in futuro avrebbe prodotto scintille- e in seguito alla donazione dell’ energia elettrica al Comune, il vecchio Roy era diventato la persona più famosa della città. Non impiegò molto a sostituire Babbo Natale, e a sollevare magicamente i capelli dei bambini posandovi le mani sopra, mentre faceva vorticare girandole di plastica che sprizzavano scintille. Ogni tanto, se i bambini riuscivano a stare buoni sulle sue gambe, permetteva loro di abbrustolire i marshmallows sulla sua testa, mentre raccontava loro storie divertenti e poco probabili.
C’era però qualcosa che turbava molto Roy, in quel periodo della sua vita.
C’era sua moglie Anna, nel suo letto, accanto a lui, ogni notte, a rigirarsi in una danza Circense, incapace di dormire per il crepitio dei suoi capelli, e anche per il fatto che ogni volta che cercava di abbracciarlo veniva colpita da una scossa elettrica. Quando poi, lui faceva la doccia la mattina, la corrente saltava, e bisognava uscire di casa ed entrare nello stanzino sul retro per riattaccare la corrente.Sarebbe stato stupido lasciarlo per questi inconvenienti che sarebbero potuti capitare a chiunque, dunque scelse di giocarsela con la storia dei fulmini. Non ce la faceva più, aveva scritto una mattina, prima di fuggire sull’auto dell’uomo, a sopportare l’angoscia di saperlo fuori al lavoro, e in balia di quegli odiosi rami di luce.
Piccole scintille illuminavano debolmente la cucina, mentre Roy piangeva stringendo il biglietto lasciatogli dalla moglie. Aveva gli occhi irritati per via del fumo che gli usciva copioso dal cappello a tesa larga che aveva indossato, mentre usciva nella notte inseguito dai tuoni. Ad allungare le sue tasche e accorciare il suo cammino ci avevano pensato i bulloni nella tasca destra. Nella sinistra, una scorciatoia semiautomatica. Si sorprese a cantare, mentre il sentiero fosco s’irradiava di lampi e danzava con lui, al canto del corpo elettrico.
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