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Cartoline dall’aldilà: le voci dei morti secondo Franco Arminio
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“Cartoline dai morti 2007-2017” è una specie di cassetta postale dove il “paesologo” – come ama definirsi – Franco Arminio ha depositato 150 cartoline provenienti dall’aldilà. La nuova edizione pubblicata da Nottetempo nella collana Gransassi ripropone 83 delle 128 cartoline della prima edizione oltre a 11 cartoline provenienti da “Nuove cartoline dai morti” pubblicato da Luigi Pellegrini. Tutti gli altri testi sono inediti.
Le cartoline di Arminio hanno una vocazione aforistica, ma non rientrano a pieno titolo nella categoria degli aforismi. Sono pensieri fulminei e ironici, in bilico tra sarcasmo e spietata lucidità. Le voci sono di uomini e donne qualunque, bambini, adolescenti e anziani dalle esistenze più disparate. Il minimo comune denominatore è il luogo dal quale scrivono, un indefinito aldilà. Il riferimento è ovviamente alle vite e alle voci di Spoon River, il piccolo paese del Midwest statunitense raccontato da Edgar Lee Masters nella sua Antologia.
Le cartoline di Arminio raccontano i meccanismi della morte («Nessuno mi aveva spiegato niente. Ho dovuto fare tutto da solo: rimanere fermo e muto, raffreddarmi, iniziare a decompormi»), dei luoghi della morte («Chi muore a casa muore in camera da letto o in bagno, quasi mai in cucina, qualche volta anche nel salotto. Io sono morto sul balcone»), delle convenzioni che rimangono come gusci vuoti («Mi chiamo Mario. Mi chiamavo Mario anche da vivo, ma allora il mio nome serviva a qualcosa»), del decesso come liberazione («Avevo un sacco di problemi. Ho risolto tutto con un infarto»), dello sgomento per i cari oggetti superstiti («Ora che sono morto che fine faranno i miei libri, le mie calze, i miei cappelli?»).
Morti per vecchiaia, per malattia, per errore, per caso, i mittenti delle cartoline lasciano pensieri, riflessioni-lampo sulla vita o semplici impressioni surreali, come quella che prova il tipo a cui sembra di sentire un colpo di tosse dalla tomba accanto alla sua. Da questa prospettiva insondabile la vita si riduce a pochi elementi concreti e apparentemente irrilevanti: una briscola al bar con gli amici, la sciarpa del Napoli arrotolata al collo, un geranio che continua ad assorbire l’acqua che gli aveva messo nel vaso una persona che non c’è più, un giocattolo, un colpo di biliardo.
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