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L’arte di fare i regali: una piccola guida d’autore

    Per tutti quelli che soffrono di stress da regalo, la letteratura può essere un’insperata fonte d’ispirazione. Ecco i “consigli” in materia di tre grandi scrittori: Marcel Proust (o meglio, la nonna del protagonista della Recherche, Bathilde), Dino Buzzati e Ferdinand, il dandy nato dalla penna di Saki (al secolo Hector Hugo Munro).

    Buona lettura!

    1. Qualcosa di vecchio
    “Persino quando doveva fare a qualcuno un regalo cosiddetto utile, quando doveva regalare una poltrona, delle posate, un bastone da passeggio, li cercava «antichi», come se, cancellato dal lungo disuso il loro carattere utilitario, apparissero disposti a raccontarci la vita di uomini d’altri tempi più che a soddisfare i bisogni della nostra. Le sarebbe piaciuto che tenessi in camera mia le fotografie dei monumenti o dei paesaggi più belli. Ma al momento di farne l’acquisto, e benché l’oggetto rappresentato avesse un valore estetico, le sembrava che la volgarità, l’utilità riprendessero troppo presto il sopravvento nel mezzo meccanico di rappresentazione, la fotografia. Cercava di giocare d’astuzia e di limitare almeno, se non di eliminarla del tutto, la banalità commerciale, di sostituirvi quanto più fosse possibile dell’altra arte, di introdurvi come più «strati» d’arte: invece delle fotografie della cattedrale di Chartres, dei giochi d’acqua di Saint–Cloud, del Vesuvio, si informava da Swann se qualche grande pittore non li avesse rappresentati, e preferiva regalarmi le fotografie della cattedrale di Chartres dipinta da Corot, dei giochi d’acqua di Saint-Cloud dipinti da Hubert Robert, del Vesuvio dipinto da Turner, il che rappresentava un grado d’arte in più. Ma il fotografo, che era stato escluso dalla rappresentazione del capolavoro o della natura, e sostituito con un grande artista, riacquistava i suoi diritti nel riprodurre quella stessa interpretazione. Giunta al momento ineluttabile della volgarità, la nonna tentava di rimandarlo ancora. Domandava a Swann se esistessero incisioni del quadro, preferendo, quand’era possibile, incisioni antiche e che presentassero qualche interesse ancora, al di là del loro valore intrinseco, per esempio quelle raffiguranti un capolavoro in uno stato in cui oggi non possiamo più vederlo (come l’incisione di Morghen della Cena di Leonardo, prima del suo degrado). Bisogna dire che i risultati di questo modo di interpretare l’arte del regalo non furono sempre brillantissimi. L’idea che mi feci di Venezia da un disegno di Tiziano, che si presume abbia per sfondo la laguna, era certamente molto più approssimativa di quella che mi avrebbero dato delle semplici fotografie. In casa, quando la prozia voleva pronunciare una requisitoria contro la nonna, non si poteva più tenere il conto delle poltrone da lei regalate a giovani fidanzati o a vecchi sposi, che, al primo tentativo di servirsene, immediatamente erano sprofondate sotto il peso di uno dei destinatari. Ma alla nonna sarebbe parso meschino occuparsi troppo della solidità di un mobile su cui si distinguevano ancora un garbo, un sorriso, talvolta una bella fantasia del passato. Persino ciò che in quei mobili, rispondendo a un dato bisogno, aveva una foggia a cui non siamo più abituati, l’affascinava, come i vecchi modi di dire nei quali scorgiamo una metafora cancellata, nel nostro linguaggio moderno, dall’usura dell’abitudine. Ora, per l’appunto, i romanzi campestri di George Sand che la nonna mi regalava […], erano pieni, come un mobile antico, di espressioni cadute in disuso e ridivenute immaginose, come si trovano ormai soltanto in campagna. E la nonna li aveva comperati preferendoli ad altri, così come avrebbe preso in affitto più volentieri una proprietà dove ci fosse stata una piccionaia gotica o qualcun’altra di quelle vecchie cose che esercitano sullo spirito un influsso benefico restituendogli la nostalgia di impossibili viaggi nel tempo.”

    Alla ricerca del tempo perduto, Marcel Proust, Newton Compton 2011, traduzione di Paolo Pinto e Giuseppe Grasso

    2. Qualcosa di inutile

    “In quanto alle strenne, che sono la preoccupazione del giorno, vigono, mi sembra dei principi sbagliati e perniciosi. Si dimentica, per esempio, la regola fondamentale: cioè che il regalo perfetto deve essere una cosa inutile. Il donare, infatti, è per eccellenza un atto lirico, e qualsiasi convenienza pratica lo contamina. Una strenna utile, che poi si adoperi quotidianamente (delle calze, un aspirapolvere, un paio di scarpe) ha più della beneficienza che del regalo.
    […] La norma classica vorrebbe che i regali di Natale si consegnino la mattina di Natale: l’esempio di Gesù Bambino fa testo. Ma io approvo in pieno l’uso, che va diffondendosi, di fare arrivare le strenne perfino dieci giorni prima. Ciò consente infatti il tempo di girare il regalo ad altri amici e di risparmiare una quantità di soldi. Conosco uno che con questo sistema fa ogni anno decine e decine di stupendi regali senza spendere una lira.
    […] La maggior parte dei regali, ormai, è più bella fuori che dentro. Le meravigliose carte policrome piene di angioletti, stelle, campane, abeti, bestioline, i fantastici fiocchi, nappe, fermagli, sigilli, nastri, cordoncini, promettono paradisiache sorprese; ma, una volta aperto il pacchetto, c’è di solito un netto calo di tono. In fondo non sarebbe sbagliato concentrare tutto lo sforzo sull’esterno. E preparare, con geniali virtuosismi di fantasia, pacchetti abbacinanti di bellezza, di forme misteriose e di enigmatico peso. Pacchetti da collocare qua e là per casa, come soprammobili. E che non vanno mai aperti. Perché dentro non c’è niente.”

    La tecnica dei regali è piuttosto in ribasso, Dino Buzzati, Corriere della Sera, 21 dicembre 1960

    3. Qualcosa di davvero sensato

    “Personalmente non riesco a capire quale sia la difficoltà nello scegliere un cadeau adatto. Nessun giovanotto educato adeguatamente può restare indifferente davanti a una di quelle bottigliette decorative di liquore disposte con tanta reverenza nella vetrina di Morel, e non gli importerebbe minimamente se gli arrivassero dei doppioni. Inoltre, ci sarebbe sempre quel momento impagabile di tremenda incertezza – sarà crème de mente o Chartreuse? – simile al brivido di speranza che ti percorre quando vedi alzarsi la mano del tuo partner durante una partita di bridge.
    […] E poi, ovviamente, ci sono bicchieri da liquore, e la frutta candita e i tendaggi fantasia e montagne di altre cose necessarie nella vita, che rappresentano regali davvero sensati, per non parlare dei lussi, come trovarsi le bollette pagate o ricevere qualcosa di davvero delizioso nel campo della gioielleria.”

    Racconti, Saki, il Saggiatore 2017, traduzione di Ada Arduini e Gioia Guerzoni

    Scuola di scrittura Belleville