Il 13 ottobre comincia il laboratorio sull’autobiografia erotica, con Rossana Campo.
In sei lezioni online, dalle 18.30 alle 20.00, scriveremo, parleremo e lavoreremo sui testi scritti dalla classe, guidati dalla voce di grandi scrittrici e scrittori come Anaïs Nin, Clarice Lispector, Marguerite Duras, Aldo Busi, Henry Miller, Philip Roth e altri; andremo a caccia di storie che esplorano, riscoprono, e forse ricostruiscono e risarciscono le nostre esperienze legate alla conoscenza del nostro corpo, del desiderio e dei piaceri.
Le iscrizioni sono aperte su BellevilleOnline: www.bit.ly/32IstAC
> Abbiamo chiesto a Rossana Campo di raccontarci il rapporto tra la sua poetica e l’autobiografia erotica e come nasce l’idea di questo corso.
Scrivere per me è sempre stato un modo per trovare una voce, per dare una possibilità a tutto ciò che restava non nato, nascosto nei sotterranei della mia vita. Scrivere è trovare un ritmo, una lingua, una voce per raccontare questa enorme, folle forza del desiderio che noi siamo. Quando ho iniziato a tenere laboratori di scrittura, diversi anni fa, è stato un modo per trasmettere alle altre persone (devo dire soprattutto alle altre donne, visto che le mie classi erano quasi sempre composte di donne) le grandi possibilità che la scrittura ci offre. Ho iniziato a concentrarmi sulla scrittura autobiografica perché lì vedevo sgorgare il flusso delle famose parole per dirlo: racconti che permettevano di mettere al mondo tutti quegli aspetti di noi a cui l’educazione, la cultura, le ferite del passato impedivano di sbocciare. Pian piano le persone si autorizzavano a prendere la parola e la creatività suscitava aperture inedite nelle loro vite.
A un certo punto mi sono accorta che quando le donne affrontavano racconti legati al sesso, al desiderio, al corpo, succedeva qualcosa. Qualcosa di importante. Anche le persone meno dotate riuscivano a scrivere delle storie interessanti, trovavano un ritmo nella narrazione, un’originalità del racconto. Sempre meno erano i luoghi comuni, le frasi fatte dietro cui spesso ci nascondiamo. E scrivevano adoperando i sensi, cosa che, come sa qualunque persona si occupi di letteratura, è fondamentale. In un buon racconto, in un romanzo riuscito, noi lettori veniamo catturati da ciò che i personaggi vedono, ascoltano, toccano, gustano, e dalle emozioni che provano.
Bene, mi sono accorta che raccontando storie che coinvolgevano la loro vita sessuale, le persone arrivavano a toccare una qualche verità, potente, intima e allo stesso tempo condivisa da tutti.
Così mi sono detta che forse, una delle mancanze più grandi è non aver avuto parole per raccontare i nostri desideri. L’aver accumulato pensieri muti dentro di noi. Perché le parole sono un nostro diritto, e dare voce a quello che abbiamo sentito e sentiamo rispetto al sesso può essere liberatorio, può portarci a fare pace con tutto ciò che siamo, con le nostre passioni, e i nostri imperfetti slanci. A volte la nostra vita erotica ci ha reso confusi, ma ha anche saputo connetterci con la grazia, l’allegria e la gioia di vivere. Forse avremmo avuto bisogno in passato di dire e ascoltare le parole giuste legate al piacere, e all’accettazione di qualcosa che abbiamo temuto, o che ci faceva sentire fuori controllo. Forse, qualcuno un giorno ci ha messo in testa idee e parole sbagliate per definirci, per darci un nome che ci limitava. Siamo proprietarie di un tesoro nascosto tra le pieghe dei nostri silenzi, delle abitudini e dei timori. Tramite i nostri racconti proviamo a riportare alla luce tutti i battiti del nostro cuore, tutti i desideri dei nostri corpi.
“Sono i sensi la fonte più ricca della scrittura”, dice Anaïs Nin, “gli strumenti di uno scrittore non sono l’inchiostro e la carta ma il suo corpo, la sensibilità dei suoi occhi, delle sue orecchie e del suo cuore. Se sono atrofizzati non deve più scrivere.”