Mix tape: si chiamavano così le musicassette che gli amici si scambiavano negli anni Ottanta, mixando artisti e brani secondo il gusto e l’umore. Nelle “Mix tape” di Belleville un ospite ogni volta diverso consiglia i libri, le riviste, i podcast, i dischi, i film che più lo hanno appassionato e ispirato.
Questa settimana tocca a Veronica Raimo, traduttrice e scrittrice, che al nostro invito ha risposto così:
Film: La ñina santa di Lucrecia Martel (2004).
Visto da pochi giorni su Mubi. Era uno dei film di Martel che mi mancava. Ogni volta che vedo qualcosa di suo (il mio preferito è La ciénaga), mi chiedo perché chi fa cinema non studi devotamente la sua opera, o perché Martel non venga citata tra i migliori registi e registe viventi, ma anche – per quanto mi riguarda –tra i migliori registi e registe di sempre.
Spettacolo teatrale: Aristotele’s Bermuda di e con Luisa Merloni al teatro Angelo Mai di Roma (2022).
In un momento in cui dal lavoro di una donna ci si aspetta ideologicamente una nuova forma di consapevolezza, di contropelo alla Storia o di elaborazione traumatica, Merloni ha messo in scena un monologo molto divertente, intelligente, felicemente libero e scombinato, senza quell’ansia di dover rovesciare stereotipi, ma rivendicando il gusto di giocarci e goderseli pure se ci stanno simpatici.
Disco: Covers diCat Power (2022).
Non il miglior disco di Cat Power, ma sono sempre felice di sentire la sua voce, vedere cosa fa, scoprire come porta i capelli e se siamo allineate. E poi un album di cover di Cat Power mi fa a pensare alla sua cover di “Stay” di Rihanna, un pezzo che mi porterò per sempre nel cuore.
Podcast: 121269. Inchiesta su Piazza Fontana di Alberto Nerazzini e Andrea Sceresini (2019).
Non sono una grande appassionata dei podcast che ci tengono a tenerti col fiato sospeso, di solito mi distraggo e passo ad altro. Il meccanismo narrativo della suspense mi annoia a morte, mi sembra prevedibile. 121269 è un podcast d’inchiesta, se appunto vi interessa davvero l’inchiesta, e non lo storytelling o il brivido di colpi di scena programmatici.
Articolo: The Abortion I Didn’t Have di Merritt Tierce (2021).
Uscito sul “New York Times” a dicembre. È un personal essay che mi ha commosso per la sua disarmata ambiguità emotiva, che per me è l’unica forma di sincerità possibile rispetto a quello che spesso viene ridotto a un binarismo esistenziale, tipo sondaggio da magazine: fare o non fare figli, essere o non essere madri, decidere di abortire o meno.
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