Mix tape: si chiamavano così le musicassette che gli amici si scambiavano negli anni Ottanta, mixando artisti e brani secondo il gusto e l’umore. Nelle “Mix tape” di Belleville un ospite ogni volta diverso consiglia i libri, le riviste, i podcast, i dischi, i film che più lo hanno appassionato e ispirato.
Questa settimana tocca a Matteo Bordone, giornalista, blogger, autore e conduttore radiofonico e televisivo, che al nostro invito ha risposto così:
Non fiction: Tokyo Underworld: The Fast Times and Hard Life of an American Gangster in Japan di Robert Whiting (Knopf Doubleday Publishing Group, 2000).
Cominciamo con un libro in inglese sul Giappone, così per sembrare già antipatici. Ma purtroppo questo libro qui non è stato mai tradotto ed è molto bello, quindi io cosa devo fare? Ve lo consiglio. Poi se uno non ha voglia, capisco. Robert Whiting è un americano che vive in Giappone ormai da decenni. Come succede molto di rado, racconta il paese per cui io nutro un interesse perfino fastidioso, senza passare il tempo a confrontarlo con un riferimento “occidentale”, né cercando stranezze da esibire alla nostra curiosità. In questo libro Whiting racconta con competenza e grande ritmo la storia della yakuza, la criminalità organizzata giapponese, dalle sue origini alla sua incarnazione moderna. Se qualcuno, dopo anni di film con questi che si mozzano i mignoli a tavola, ha sviluppato una certa curiosità per la categoria, questo è il libro che racconta e spiega molto bene. Difficile finirlo in più di due giorni.
Album: Once Twice Melody dei Beach House (2022).
Baltimora è un luogo sfigato e orgoglioso, una delle città più violente degli Stati Uniti e insieme la patria di diverse perle artistiche di varia natura. La serie tv fondamentale The Wire è di Baltimora, sia come ideazione che come ambientazione. Il maestro del cinema camp underground John Waters è di Baltimora. E i Beach House sono di Baltimora. Per alcuni il loro dream pop era più interessante qualche disco fa, ma Once Twice Melody per me è un disco da mettere per lasciarsi andare a mollezze, divani, letti, chiacchiere pigre. Sarà anche il momento storico, ma sono grato a questi due musicisti e alla natura onirica di quello che fanno, anche quando ha un taglio molto pop come in questo caso.
Videogioco: Journey di Jenova Chen (2012).
Ha compiuto dieci anni uno dei giochi più influenti dei nostri tempi. Jenova Chen, fenomeno cinese emigrato in California, partorisce negli anni Zero un piccolo gioco incredibile dopo l’altro. E poi se ne esce con il capolavoro. In Journey siamo un personaggio senza genere, età o etnia che si muove in un mondo immenso fatto di rovine abbandonate, spazi vastissimi, strani animali e qualche altro malcapitato col il quale condividiamo un pezzo del percorso. Non si parla. Si avanza verso la cima di una montagna dove sembra essere successo qualcosa. Non c’è punteggio, non si spara, non si muore, quasi nessuno dei canoni tipici del videogioco viene rispettato. Oggi è una cosa comune, ma allora fu la rivoluzione copernicana: i videogiochi non devono per forza parlare di sfide, e basarsi sulla competizione; possono raccontare altri sentimenti e dare altre emozioni. Si finisce in 4 ore al massimo.
Docuserie: Cucina estrema (Hyper Hard Boiled Gourmet Report) di Kazutoyo Koyabu (2017).
Ancora Giappone, ma questa volta su Netflix, facile. Un programma di cucina come ce ne sono alcuni milioni in tv. Questo però è diverso. Siccome una cosa che unisce tutti, assassini e filantropi, pezzenti e miliardari, andiamo a scoprire cosa mangiano le persone più al limite del mondo. Malavitosi, bambini guerrieri, baraccopoli, ville principesche: qualsiasi contesto diventa un contesto per parlare di cucina, raccontando chiaramente anche uno sfondo spesso davvero molto difficile che una troupe giapponese attraversa con un misto di determinazione di ferro e candore.
Programma Tv: Come è fatto di Gabriel Hoss (2001-2017)
Un po’ la pandemia, un po’ la guerra, mi ritrovo sempre a vedere puntate di Come è fatto, il programma del Québec esportato in tutto il mondo che da 21 anni racconta come sono fatte le cose. I processi produttivi sono sempre rassicuranti, con questa organizzazione di tante piccole parti diverse a costituire un prodotto finito. Lo trovo un programma eterno, immortale, benefico. Ormai i servizi prendono un voto da 0 a 10 nel mio salotto, voti che dichiaro ad alta voce dopo ogni visione (nel disinteresse di altri umani e dei gatti). Anche se a volte do delle insufficienze, non riesco a non dare un’occhiata quasi ogni sera.
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