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Sono usciti “Delitti e castighi” e “Corpi del delitto”, di Michele Frisia

    Delitti e castighi, Corpi del delitto, Michele Frisia

    Giovedì 11 febbraio alle 19.00 Michele Frisia, allievo del corso di scrittura Scrivere di notte della Scuola Belleville, presenterà con Luca Crovi i due volumi pubblicati per Dino Audino Editore: Delitti e castighi (2019) e Corpi del delitto (2020).

    Una guida pratica “a uso di scrittori e appassionati di cronaca nera”, basata sull’esperienza dell’autore come investigatore per la Polizia di Stato. Dalla classificazione dei reati alle tecniche di pedinamento, dalle tipologie di arma da fuoco all’organizzazione delle carceri, Michele Frisia traccia le coordinate per scrivere un romanzo – poliziesco, thriller, noir – dando spessore e credibilità alla propria storia.

    > Di seguito tre estratti dai due libri, pubblicati su BellevilleNEWS per gentile concessione di Dino Audino Editore: 

    Una perquisizione non inizia per forza con una porta sfondata; la maggior parte delle volte comincia spingendo il dito sul campanello. Le persone a quel punto aprono, vedono la polizia, e reagiscono, anche se non tutte allo stesso modo. I pregiudicati di lungo corso, quelli che sono stati in galera o che comunque sono abituati ad avere la polizia in casa, al massimo chiamano un avvocato (che può assistere all’atto); i più rancorosi ti domandano chi abbia fatto la spia. Invece le persone estranee al mondo del crimine, o che lo frequentano in modo saltuario, mentre entri in casa loro e inizi ad aprire ante e cassetti, si agitano, si irritano, e nove volte su dieci chiedono: «Ce l’avete il mandato?». Ma nel nostro ordinamento il “mandato” non c’entra niente con perquisizioni, catture o arresti; è un istituto giuridico che si usa in ambito civile o commerciale, come il mandato di rappresentanza. La sovraesposizione ai polizieschi scritti o girati negli USA ha spinto gli spettatori a pensare che le procedure viste in televisione funzionino anche nella nostra realtà.

    (Da Delitti e Castighi, Capitolo 5)

    Tutti ricordano gli attacchi terroristici di Parigi del 2015, ma pochi rammentano che, quando furono diffuse le immagini dei terroristi che eliminavano i poliziotti di protezione alla sede di Charlie Hebdo usando carabine Česká vz. 58 (esteticamente simili ad AK-47, ma strutturalmente diverse), sui social impazzarono le ipotesi più disparate. Molti infatti non credevano all’esiguità degli effetti terminali immortalati nei video e gridarono al complotto. Per quale ragione persone comuni, senza alcuna esperienza specifica in fatto di armi, si sono sentite autorizzate a stabilire che i filmati erano falsi, in quanto «un Kalashnikov non provoca ferite del genere»?
    Molte persone sono convinte che ciò che hanno visto, per decenni, sullo schermo accada anche nel mondo reale. Niente di più falso. Quindi, cosa accade quando un proiettile impatta contro un corpo umano? Cosa succede quando la famosa “pistola di Čechov” spara davvero?
    La risposta, estremamente insoddisfacente, è: dipende. E dipende da molti fattori.

    (Da Delitti e Castighi, Capitolo 12)

    È di questo che parleremo, di come le scienze forensi entrano a processo, di come lavora la Scientifica, e dei limiti che ogni accertamento incontra. Ma per farlo, dobbiamo prima avere ben chiari alcuni punti fondamentali.

    1) Secondo il principio di Locard (o principio di scambio), ogni volta che un soggetto si trova in un luogo per commettere un crimine avviene uno scambio di materia fra soggetto e luogo, e viceversa. Questo principio è alla base del sopralluogo della Polizia Scientifica, ma bisogna prestare attenzione a non prenderlo troppo alla lettera, a credere che questo scambio avvenga sempre e comunque e che quindi sia sempre possibile rinvenire certe tracce. In realtà si trovano spesso scene del crimine estremamente povere di elementi. Lo scopo delle moderne ricerche è appunto trovare modi sempre nuovi per individuare tracce sempre più flebili.

    2) Anche quando la ricerca va a buon fine, si può solo collegare la persona a un luogo (la scena del crimine), oppure a un’altra persona. Collegare vuol dire dimostrare che il sospettato era lì, non che ha commesso il crimine. Per questo le indagini scientifiche devono sempre essere integrate dalle indagini tradizionali, che costruiscono un quadro investigativo attorno all’accertamento scientifico.

    3) L’inclinazione a sopravvalutare le possibilità delle scienze forensi è stata studiata in modo scientifico, e ha persino un nome, effetto CSI, perché proprio la famosa serie televisiva è stata responsabile di una generalizzata ed esagerata fiducia nelle possibilità della Polizia Scientifica, fiducia che purtroppo non investe solo i comuni cittadini ma anche giudici e avvocati.

    4) Alcune scienze forensi permettono di collegare con certezza una persona a un luogo, altre forniscono solo compatibilità. E non è una differenza di poco conto.

    (Da Corpi del Delitto, Introduzione)

    Pubblicato per gentile concessione di Dino Audino Editore.

    Michele Frisia

    Laureato in Fisica e in Giurisprudenza, è stato per quattordici anni investigatore per la Polizia di Stato. Come responsabile di molte unità si è occupato di ogni tipo di reato, dagli omicidi al traffico degli stupefacenti, dalla pedofilia al crimine organizzato. Attualmente è perito balistico, ambito nel quale si occupa di ricerca e insegnamento. Ha scritto soggetti e sceneggiature, racconti e articoli accademici.