Prova di traduzione è il laboratorio online dedicato a teoria e pratica della traduzione letteraria dall’inglese e dal francese (e prossimamente anche dallo spagnolo). Per prepararci alle vacanze estive abbiamo chiesto agli insegnanti del laboratorio di consigliarci delle letture spaziando fra traduzioni proprie e altrui, tra nuove uscite e classici da scoprire o riscoprire.
Gaja Cenciarelli
– Virginia Woolf, Genio e inchiostro (HarperCollins, traduzione di Sara Sullam)
Perché le recensioni di Woolf sono una lettura impareggiabile e restituiscono con chiarezza il ritratto socio-letterario di un’epoca.
– Vasilij Grossman, Vita e destino (Adelphi, traduzione di Claudia Zonghetti)
Perché è uno dei più bei romanzi di tutti i tempi e bisogna assolutamente leggerlo in questa nuova, formidabile traduzione.
Lorenzo Flabbi
– Victor Hugo, Come fare la rivoluzione. Lettere di libertà e profezia (L’orma, traduzione di Lorenzo Flabbi)
Sezione “titolo da voi tradotto che secondo voi non ha avuto l’attenzione che meritava”. Una selezione di lettere, davvero strepitose in quanto a lucidità e passione civile. Ne emerge tutta la generosità intellettuale e umana di Hugo, un gigante della letteratura che è stato anche un punto di riferimento politico per la nascita del concetto di Europa come lo intendiamo oggi.
– Stendhal, Il rosso e il nero (Einaudi, traduzione di Margherita Botto)
Sezione “il classico che desiderate ritradurre”. Un’idea che sta a metà tra il sogno e il progetto: ritradurre Il rosso e il nero, perché se leggere Stendhal è sempre una festa del cuore e dell’intelletto, figurarsi cosa dev’essere tradurlo.
Gioia Guerzoni
– Groucho Marx, Le lettere di Groucho Marx (Adelphi, traduzione di Davide Tortorella)
Tradurre frizzi e lazzi è la sfida più difficile, e qui funziona (come funziona il doppiaggio del film Hollywood Party di Blake Edwards con Peter Sellers, che è quasi migliore della versione originale).
– Qualsiasi libro di Ian McEwan o di Alice Munro nella traduzione di Susanna Basso.
Yasmina Mélaouah
– Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano (Einaudi, traduzione di Lidia Storoni Mazzolani)
Una lettura in cui non si sa se commuoversi per la figura del vecchio imperatore, per il lavoro dell’autrice – che ha voluto restituire nel suo francese il movimento della frase latina – o per la traduzione magistrale.
– Beppe Fenoglio, La malora (Einaudi)
Per vedere cosa si può fare con la lingua italiana, dove la si può portare, quanta verità se ne può trarre, e per ricordarsi che c’è una vita – spaziosa! – oltre l’italianetto ingessato o la lingua facile e stordita della comunicazione social-mediatico-pubblicitario-televisiva.
– Paolo Colagrande, La vita dispari (Einaudi)
Perché la letteratura, e la lingua della letteratura, è “un meteorite nel giardino di casa” – dixit Domenico Scarpa.
Silvia Pareschi
– Kazuo Ishiguro, Klara e il sole (Einaudi, traduzione di Susanna Basso)
Nelle parole della traduttrice: “Tradurre Klara and the Sun è stata una sfida straniante: per la prima volta mi sono trovata di fronte al fenomeno di una voce narrante che riproduceva la rigida asinonimia di una macchina. A me toccava riprodurre l’univocità, il che, per un traduttore, è il colmo. Non era, come sempre, un tentativo di continua approssimazione del testo fonte, bensì la necessità di approdare a una scelta senza margine di doppiezza, a parole non vibranti ma ferme e destinate a costruire frasi senza peccato. Una lingua buona, o «gentile», come direbbe Klara, una lingua che non contempla il male”.
– Maaza Mengiste, Il Re Ombra (Einaudi, traduzione di Anna Nadotti)
Un libro fondamentale per aggiungere un pezzo al mosaico di testi – ancora troppo scarno – sulla sciagurata avventura coloniale italiana. Nadotti, con estrema pazienza e delicatezza, e con il sostegno di un’appassionata consapevolezza politica, ricostruisce alla perfezione la lingua a tratti cruda e a tratti lirica di Maaza Mengiste, che quest’anno le ha meritato il premio Gregor Von Rezzori come migliore opera di letteratura straniera contemporanea.
Marco Rossari
– Brian Phillips, Le civette impossibili (Adelphi, traduzione di Francesco Pacifico)
Libro ironico e insieme acutissimo, dove non era facile tenere insieme i registri.
– Colum McCann, Apeirogon (Feltrinelli, traduzione di Marinella Magrì)
Un viaggio caleidoscopico nel conflitto israeliano-palestinese, pieno di storie e di passione, ma senza tracimare mai nel sentimentale.
– Hilary Mantel, Un esperimento d’amore (Fazi, traduzione di Giuseppina Oneto)
L’educazione sentimentale di una ragazza dagli anni Cinquanta in poi. Un inglese dal tono affilato che viene restituito in modo impeccabile.
Anna D’Elia
– Jean Hatzfeld, Là où tout se tait (Gallimard, non ancora tradotto in italiano)
Sesto titolo della serie che il grande scrittore ha dedicato al genocidio del 1994 in Ruanda e alle sue conseguenze attraverso il tempo. Dopo i primi folgoranti titoli dedicati ai sopravvissuti Tutsi e agli uccisori Hutu del villaggio di Nyamata, Dans le nu de la vie, Une saison de machettes e Stratégie des antilopes, che ho avuto il privilegio di tradurre molti anni fa (A colpi di machete, Bompiani 2004; La strategia delle antilopi, Bompiani 2011), con questo sesto titolo Hatzfeld prosegue le sue ricerche sul ricordo e il senso di colpa ricorrendo a una lingua unica e straniante, non aulica e tuttavia sublime, che è la vera protagonista del racconto. Un tour de force per qualunque traduttore e un’esperienza unica per qualunque lettore.
– Svetlana Aleksievic, Preghiera per Chernobyl’ (E/O, traduzione di Sergio Rapetti)
Basato sulle interviste fatte dall’autrice ai sopravvissuti dell’esplosione nucleare a Chernobyl. È un testo a cui tengo molto, perché mi era stato consigliato a suo tempo da Antoine Volodine e perché è un libro sommesso, tragico e sommesso, che dà voce per la prima volta a chi quella tragedia l’ha vissuta e attraversata, tanto da poterla raccontare.