Mix tape: si chiamavano così le musicassette che gli amici si scambiavano negli anni Ottanta, mixando artisti e brani secondo il gusto e l’umore. Nelle “Mix tape” di Belleville un ospite ogni volta diverso consiglia i libri, le riviste, i podcast, i dischi, i film che più lo hanno appassionato e ispirato.
Questa settimana tocca a Filippo Casaccia, autore televisivo, a lungo collaboratore di Rolling Stone e Carmilla e autore di una raccolta di recensioni cinematografiche e di un romanzo, Canzoni per fare l’amore, uscito l’anno scorso per De Ferrari.
Film: Il potere del cane di Jane Campion, 2021.
Recente premio Oscar in un’edizione in cui s’è parlato purtroppo di cose che col cinema c’entrano poco, Il potere del cane è un film insinuante, formalmente strepitoso e dalla costruzione molto meditata, lontanissima dalle abitudini indotte dal consumo delle serie, col diktat pavloviano del colpo di scena continuo. Qui c’è una calma quasi olimpica, fotografata in paesaggi maestosi (neozelandesi), non ancora antropizzati. Jane Campion compone un racconto fermo, elegante e intrigante, velato di sensualità: nel Montana del 1925, praticamente ancora il Far West, scoppia la rivalità tra due fratelli rancheros quando il tranquillo George si innamora della vedova Rose, scatenando la gelosia del machissimo Phil. Apparentemente il problema sono i soldi ma anche l’omosessualità considerata una devianza da beffeggiare o il ruolo della donna. Bravissimi lo spigoloso Benedict Cumberbatch e Kirsten Dunst, in un’interpretazione sofferta e convincente.
Romanzo: La ferrovia sotterranea di Colson Whitehead (Edizioni Sur, 2017).
Con questo romanzo l’autore ha vinto il premio Pulitzer per la fiction nel 2017 e anche il prestigioso Arthur C.Clarke Award e questo riconoscimento dovrebbe farvi drizzare le orecchie: La ferrovia sotterranea racconta la struggente odissea della giovane schiava Cora in fuga dalle piantagioni della Georgia, in un momento imprecisato dell’Ottocento. Un romanzo storico? Beh, prestissimo c’è un’intuizione narrativa sorprendente che rompe la gabbia del genere, con una svolta quasi steampunk denunciata fin dal titolo. Siamo prima della guerra civile e la vita degli schiavi è una non vita, oggetti in mano al potere bianco, in un crescendo di orrori e soperchierie che fa male leggere. Ma c’è una speranza per i coraggiosi che aspirano alla libertà: una ferrovia sotterranea che può far scappare verso gli Stati del nord dove almeno formalmente la subalternità degli afroamericani è abolita. Il romanzo parla con agghiacciante puntualità di un potere che, a distanza di due secoli, continua a essere esercitato e la cui cattiva coscienza viene affrontata solo oggi. Da questo romanzo inesorabile e paradossalmente coinvolgente è stata tratta anche una bella serie con la regia di Barry Jenkins, regista del film premio Oscar Moonlight.
Serie Tv: Succession di Jesse Armstrong (2018 – presente)
Un tempo una serie così avrebbe potuto produrla solo chi avesse voluto dimostrare l’inequivocabile vocazione al cannibalismo e all’autodistruzione del Capitale. Oggi, mentre tutto ciò sta avvenendo nella realtà, la narrativa televisiva made in USA riesce a trarne un prodotto dove sulla critica politica sembra prevalere l’intrattenimento, sigh. Però va detto: un intrattenimento eccezionale, che trascende la tragedia shakespeariana in uno humour nero irresistibile. Come da titolo, il problema della famiglia Roy è la successione al vecchio patriarca per prendere le redini della Waystar RoyCo, il più potente gruppo editoriale americano, che produce televisione, gestisce parchi di divertimento e crociere e in definitiva costruisce consenso. I riferimenti alla famiglia Murdoch a concentrazioni editoriali come quelle di Trump, Turner o Bezos sono lampanti e sfumati allo stesso tempo: assistiamo a una vicenda edipica dove ci si scanna per il potere e per esercitarlo sui familiari, in un gioco al massacro senza esclusione di colpi. La serie è scritta con astuzia luciferina e, se qualche volta fa più fatica nel reiterare tradimenti, alleanze e rappacificazioni, i dialoghi strepitosi (in un mix ritmatissimo tra tecnicismi finanziari, eloquio Ivy League e volgarità da trivio) e le prestazioni attoriali magistrali vi trascineranno inesorabilmente. Nota di merito ulteriore la musica di Nicholas Britell, perlopiù partiture classiche ma con una spruzzata di sonorità moderne qui e là. Un solo difetto: stiamo ancora aspettando la quarta stagione.
Narrative non fiction: Il crepuscolo del mondo di Werner Herzog (Feltrinelli, 2021)
Non poteva che scriverla Werner Herzog la biografia definitiva di Hiroo Honoda, il soldato giapponese che resistette 29 anni, nascosto su un’isola filippina credendo che il conflitto con gli Stati Uniti non fosse mai terminato. Una storia di sopravvivenza in un ambiente ostile, con Honoda braccato, incredulo ai tanti segnali che l’imperatore si fosse arreso. Con i suoi film Herzog è stato il cantore di personaggi alle prese con imprese impossibili e qui, su carta, con una scrittura asciutta e penetrante, disegna un ritratto psicologico accuratissimo e riflette su orgoglio, dignità, sacrificio e individualismo.
Album: Greenvale, NY 1975 di Bruce Springsteen & The E Street Band (2021)
I fanatici di Bruce Springsteen sono probabilmente il motivo per cui molti stanno lontani dalla sua musica. Non fa una piega, lo dico per esperienza diretta e sdoppiamento. Ma se volete provare a capire perché si possa arrivare a certi livelli di idolatria dovete ascoltare questo concerto, pubblicato recentemente (si trova su live.brucespringsteen.net/). Siamo sul finire del 1975, l’album Born to Run ha avuto un successo incredibile, Springsteen è apparso sulle copertine di Newsweek e Time la stessa settimana di fine ottobre e ogni concerto del tour a supporto dell’album è un viaggio nelle terre mitiche del rock’n’r oll, con un’energia, un’innocenza e un’abnegazione pazzesche. La E Street Band gira a mille e Bruce trascina il pubblico con canzoni epiche, generose cavalcate strumentali o ballate romantiche. È un poeta di strada innamorato della musica ed è posseduto ancora dal candore eroico della gioventù, qualcosa che cambierà già a partire dal sogno americano infranto che farà capolino in diversi brani di Darkness on the Edge of Town, il reality check album che lo vedrà diventare adulto. Tra Dylan, Van Morrison, Creedence Clearwater Revival, rhythm and blues e rock delle origini, tutto passa attraverso una sintesi definitiva che aveva fatto dire un anno prima al suo futuro manager e allora solo cronista, Jon Landau: “stanotte ho visto il futuro del rock’n’roll”. Springsteen al rock è sopravvissuto e forse la sua discografia è diventata il sigillo definitivo su quella musica che ormai è trasfigurata in altro. Ma se volete capire quale fosse allora e ancora oggi la sua forza dovete ascoltare questo concerto, quando su un piccolo palco avveniva il miracolo del rock.
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