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Il testo vincitore della borsa di studio di “Professione: traduttore (dal francese)”

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    Guendalina Bruni è la vincitrice della borsa di studio di Professione: traduttore, il corso intensivo per traduttori letterari dal francese con Yasmina Mélaouah, Lorenzo Flabbi, Elena Cappellini, Anna D’Elia, Luciana Cisbani, Gioia Guerzoni, Chiara Manfrinato, Franco Nasi, Francesca Novajra, Francesca Serafini, Daniela Salomoni che si terrà online dal 29 ottobre.

    Il bando della borsa di studio chiedeva ai partecipanti di tradurre un estratto da Là où je me terre di Caroline Dawson.

    Traduzione di Guendalina Bruni

    Su un grande Boeing blu mare

    I giorni prima della partenza erano stati interamente occupati dai preparativi. Mia madre faceva liste su qualsiasi cosa trovasse: foglietti accartocciati erano sparsi ovunque in quella casa che si liberava in fretta di noi. Nonostante il vuoto lasciato dai mobili, non c’era spazio per le mie paure di bambina, con cui cercavo di capire il presente e intravedere il futuro. Non avevo mai preso un aereo e non ricordo di aver provato alcuna eccitazione all’idea di imbarcarmi su quel mostro volante che avrebbe dovuto portarci in Canada. Non riuscivo a spiegarmi come fosse possibile che quei giganteschi velivoli potessero restare sospesi in cielo con così tante persone e bagagli aggrappati addosso. Di fronte all’andatura senza esitazioni dei miei genitori, il volo mi terrorizzava, sembrava la metafora perfetta di tutto quello che mi sfuggiva. 

    Vedevo le loro preoccupazioni offuscare gli ultimi giorni di dicembre; non ho detto nulla, mi sono tenuta tutto dentro. È stato solo una volta salita sull’aereo, dopo le istruzioni di sicurezza del personale di bordo, immobile e con la cintura ben allacciata, che mi sono sentita male. Il mio corpo ha scaricato tutta la sua ansia sotto forma di un’incessante diarrea. I miei poveri genitori, a turno, hanno dovuto passare gran parte di quel viaggio verso l’ignoto, facendo avanti e indietro tra bagni minuscoli e sedili scomodi, affinché la loro bambina si svuotasse di ogni incertezza. Dopo il terzo tragitto, mia madre mi ha detto:

    – Lo sai, puoi farmi delle domande, se ne hai.
    – Ok…è lontano il Canada?
    – Sì.
    – Lontano quanto?
    – Più o meno novemila chilometri.
    – Cosa sono i chilometri?
    – Si usano per misurare grandi distanze.
    – Oh. Allora novemila chilometri è tanto?
    – Sì.
    – Ma arriviamo prima di domani?
    – No. Arriveremo che è già domani.
    – Cosa?
    – Quando arriveremo, sarà già domani.
    – Ma allora, saltiamo il Natale!
    – No, no. Passeremo il Natale in aereo. Ora dormi, e domani saremo arrivati.

    I miei genitori avevano scelto il 24 dicembre per iniziare il nostro esilio familiare. Era vero? Niente Natale quest’anno? Rinchiusa in un immenso aereo in pieno volo, continuavo a passare da una domanda all’altra. Il cielo ha un centro? Come fa l’aereo a restare sospeso nel vuoto? Può cadere? Dove ci troviamo esattamente quando siamo in aria? E soprattutto, come farà Babbo Natale a trovarci?

    In quel momento, ho capito che mi trovavo nel nulla. Dal finestrino, sotto di me, non si vedeva nient’altro che nuvole. Niente davanti, niente dietro, il pianeta si era sottratto al mio sguardo, insieme  così pareva  a tutte le persone che ci vivono, che giocano a calcio, si abbracciano, si baciano, che piangono i loro morti o la partenza di chi hanno amato. E così, io da lassù vedevo soltanto nuvole, nuvole dense che occupavano tutto lo spazio e mi offuscavano la vista.

    – Cosa sono le nuvole, mamma?
    – Vapore acqueo. Dormi ora, amore di mamma.
    – Ma come fa il vapore acqueo a restare in cielo?
    – Non so, chiedi a papà.

    Mio padre, il volto tirato, la fronte corrugata, era troppo distante, fisicamente e mentalmente, perché potessi fargli una qualsiasi domanda. Le nuvole per me sarebbero rimaste aria, vuoto, niente. Un niente che sentivo sempre più pesante sulle spalle, un vuoto che si ammassa, un nodo, come quello che si stava formando nel mio stomaco di bambina. Come diamine avrebbe potuto trovarci Babbo Natale in mezzo a tutte queste nuvole? Le domande mi si accumulavano in gola, faticavo a respirare in mezzo a tutta quella nebbia. Di nuovo, dovevo buttar fuori tutto; ho vomitato. Ho vomitato tanto, così tanto che alla fine non restava più nulla.

    Commento di Lorenzo Flabbi

    Tra le diverse meritevoli traduzioni, quella di Guendalina Bruni si è distinta per l’equilibrio tra fedeltà al testo francese e naturalezza dell’italiano. La traduttrice ha saputo restituire con precisione e sobrietà il tono partecipe ma non enfatico dell’originale, mantenendo scorrevoli i dialoghi e coerente la voce narrante. La sua versione unisce rigore lessicale e ritmo narrativo, trasmettendo con delicatezza lo sguardo infantile e l’emozione del brano.

    Redazione Belleville

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